Palermo e i tre sindaci

Tre sindaci: una sola Palermo

Il ritratto di una città rassegnata attraverso i suoi amministratori
ORLANDO, CAMMARATA, LAGALLA
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2 min di lettura

Tre sindaci, una sola Palermo. Il titolo racconta già una fisionomia. Che parte da un antefatto. Dopo una intervista ‘pepata’ di Leoluca Orlando, su questo giornale, circa l’attuale amministrazione, abbiamo pubblicato la replica ‘pepatissima’ di Diego Cammarata.

A prescindere dall’intreccio polemico, con i rispettivi punti di vista, si presenta subito l’occasione per una veridica cronistoria da Orlando ai giorni nostri. Grazie a un approfondimento del nostro Roberto Immesi, oggi in pagina.

Ma si può fare di più. Ogni sindacatura è lo specchio di una città. Riflette epoche e caratteri. Un viaggio può diventare una opportunità per osservare Palermo di oggi, alla luce delle Palermo di ieri e dell’altro ieri. Il senso di profondità compone un viatico per chi è in cammino verso un futuro di rinascita incompiuto.

Tre sindaci, una sola Palermo. L’onnipresente e fiammeggiante Leoluca Orlando, il sindaco del riscatto che, tuttavia, come ultima immagine ha lasciato, insieme a tanti problemi, le bare insepolte dei Rotoli.

Diego Cammarata, il sindaco degli anni berlusconiani più ruggenti. A suo modo il simbolo di una svolta culturale verso un’altra definizione. Pure lui subissato dalle difficoltà e dai guai.

Roberto Lagalla, il sindaco in carica. Un altro professore con un profilo di amministratore concreto ed efficace. La partita è, rispetto soprattutto all’Orlandismo, appena iniziata, tra il risanamento dei conti, il tentativo di aggiustare le inefficienze e caterve di disservizi.

E poi c’è Palermo, così diversa in tutto, così ‘sola’ ed eguale nella sua tenace apatia, nella sfacciata capacità di dichiararsi innocentissima, dando invariabilmente la colpa ‘ a chi comanda’. Il riflesso appare impietoso, nel tempo.

Pretendere servizi funzionali (e siamo lontani) è un diritto sacrosanto. Ma esiste una città, parallela al suo profilo migliore, una capitale della lamentela perenne. Gli stessi che aprono voragini di abusi, magari, si mettono in prima fila per protestare. Accanto ai probi, onesti e irreprensibili concittadini.

C’è una Palermo non soltanto rassegnata: innamorata della propria rassegnazione da utilizzare come alibi dell’inciviltà e degli atteggiamenti prevaricatori, quanto violenti.

Questa Palermo sola, prima di alzare la voce, dovrebbe avere l’onestà di guardarsi allo specchio e riconoscersi nella sua natura di vizio, per cambiare davvero. Temiamo, purtroppo, che difficilmente accadrà.

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