“Di fatto fu mio figlio a determinare la nomina di Giovanni Falcone agli Affari penali”. Lo rivela l’ex ministro Calogero Mannino nell’intervista esclusiva che “S”, il magazine che guarda dentro la cronaca, pubblica in esclusiva nel prossimo numero, in edicola da sabato 21 marzo: conversando con Riccardo Arena il senatore Udc, appena uscito con un’assoluzione dall’ultimo processo che lo riguardava, quello legato alle presunte frodi vinicole della “Abraxas”, traccia un excursus sui 15 anni che hanno cambiato la sua vita, affrontando temi come i suoi rapporti con Gioacchino Pennino, Salvo Lima, i cugini Salvo, Vito Ciancimino e la magistratura.
“Falcone – spiega Mannino, che dice di avere scritto un libro con le sue memorie che, però, sarà pubblicato solo dopo la sua morte – era stato a casa qualche sera prima, avevamo parlato e lui, mio figlio, aveva sentito. Voleva fare di più, a Palermo si sentiva compresso. Qualche giorno dopo eravamo in Abruzzo con mio figlio e Cossiga: dovevamo andare in elicottero nel Parco nazionale. Io ero ministro dell’Agricoltura e appena furono accanto, Salvatore disse al presidente: non dovete abbandonare il giudice Falcone. Falcone era diventato un idolo, un eroe per i giovani. E io vivevo quello stesso sentimento. Cossiga rimase colpito, mi chiese chiarimenti e io gli spiegai la situazione. E Salvatore insisteva: lo Stato non può abbandonare il giudice Falcone. Così studiammo e trovammo la soluzione che ci parve la più opportuna per lui. Anche se non servì a salvargli la vita”.
Mannino nega l’incontro a tre con Toni Vella e Pennino, finito al centro del processo per concorso esterno in associazione mafiosa: “Io – spiega – alle politiche del 1979 avevo preso 106 mila voti, a Palermo. Avevo bisogno di Pennino e Vella? Non ci fu alcun incontro a tre. Pennino venne una volta a casa mia e mi fece tutto un discorso sul congresso regionale del partito ad Agrigento. Parlava a nome dell’ex sindaco che voleva rientrare con tutta la corrente nei giochi da cui noi avevamo deciso di estrometterli. Ma noi sapevamo che attorno alla persona di Vito Ciancimino c’erano movimenti giudiziari”. Per quanto riguarda i suoi processi, invece, il senatore Udc sottolinea come ad accusarlo sia stato “sempre lo stesso pubblico ministero, dall’inizio alla fine. È un po’ dura da accettare”.