CATANIA – La sentenza è arrivata in pochi mesi ed è di condanna. Il caso, appena sollevato, aveva scosso l’opinione pubblica in quanto vedeva il coinvolgimento di un agente di polizia. Armando Corallo, ispettore del Commissariato Borgo Ognina di Catania è stato indagato e, poi, accusato di falso in atto pubblico per aver, secondo l’accusa, distrutto e falsificato tre denunce di furto di un’auto di lusso che poi sarebbe stata venduta in Marocco. I pm, lo scorso dicembre, hanno chiesto il giudizio immediato per Corallo insieme a Angelo Bisicchia, ex poliziotto, coinvolto nell’inchiesta in quanto possessore del capannone dove era stata trovata la copia di una denuncia di furto dalla squadra mobile. Episodio che ha fatto scattare le indagini che hanno portato all’arresto dei due lo scorso ottobre.
Per Armando Corallo e Angelo Bisicchia, ex poliziotto, la pena inflitta dal Gup Fabio Di Giacomo Barbagallo per il reato di falso in atto pubblico è rispettivamente di due anni per il primo e un anno e otto mesi per il secondo. Una condanna ridotta rispetto ai quattro anni chiesti dall’accusa rappresentata dal sostituto procuratore Pasquale Pacifico della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania. Il Giudice ha disposto per i due imputati la sospensione dell’esecuzione della pena per il termine di cinque anni e quindi ordinato l’immediata scarcerazione: i due erano sottoposti agli arresti domiciliari.
LA DIFESA. “Attendiamo di conoscere le motivazioni della sentenza che saranno depositato tra sessanta giorni – commentano a LiveSiciliaCatania Nino Grippaldi e Donatella Singarella, avvocati difensori di Armando Corallo – e poi presenteremo l’appello avverso alla sentenza. Crediamo fermamente nell’innocenza del nostro assistito e quindi agiremo per poter avere una sentenza che porti a una totale esclusione delle sua responsabilità. Non c’era – aggiunge il legale – alcun interesse a compiere un atto falso e questo carenza di interesse, documentata – sottolinea Grippaldi – secondo noi faceva ritenere l’insussistenza del reato”.
L’ispettore, nonostante la condanna, è tornato libero. “Il mio assistito è sereno – aggiunge l’avvocato- oltre che per il fatto di aver riconquistato la libertà, ma soprattutto perché in 35 anni di servizio in polizia non ha mai compiuto un atto contrario alla legge”.
L’INCHIESTA – Tutto è iniziato con la perquisizione, disposta dalla Procura di Catania guidata da Giovanni Salvi, di un capannone, in uso ad Angelo Bisicchia, già appartenente alla Polizia di Stato, durante la quale è stata rinvenuta la fotocopia di una denuncia di furto di una Bmw X6, presentata da una donna il 21 aprile del 2011 al commissariato “Borgo Ognina” di Catania. A ricevere la denuncia, secondo il documento, sarebbe stato proprio l’ispettore superiore Armando Corallo.
Gli uomini della squadra mobile, insospettiti dalla presenza della denuncia all’interno del capannone, hanno verificato che nella banca dati SDI lo stesso furto risultava denunciato il 31 marzo del 2011 e inserito in banca dati il 18 aprile. Cosa impossibile visto che il documento ritrovato nel capannone era datato 21 aprile, e quindi non poteva essere registrato prima della stessa presentazione della denuncia. In una delle intercettazioni Corallo cerca di motivare questo problema relativo alle date.
A quel punto sono scattate le indagini, che si sono avvalse anche di intercettazioni e che hanno consentito di verificare che gli indagati avrebbero fatto intestare fittiziamente la vettura ad una donna “prestanome”. L’auto di lusso sarebbe stata venduta in Marocco a terzi rimasti ignoti per un importo di 30mila euro. Angelo Bisicchia è intercettato in diverse telefonate mentre discute con un uomo che si trova proprio nello Stato africano. Contemporaneamente a Catania sarebbero state redatte 3 false denunce di furto tutte a firma dell’ispettore Corallo, “con la firma apocrifa”, secondo le ipotesi della Squadra Mobile, “della proprietaria dell’auto al fine di incassare la polizza assicurativa contro il furto pari a 59.400 euro”.