“Dedico la mia sfida a mia figlia. Per anni, quando ero inserito nella brutta politica, ho avuto paura di parlare dell’autismo, la malattia che ha colpito la mia bambina di nove anni. Ne parlo con voi, perché la politica è soprattutto responsabilità umana”. La platea gremita del teatro Golden trattiene il fiato quando Davide Faraone comincia il suo intervento, con l’irruzione di una storia intima che diventa materia pubblica di dibattito. “Qualcuno – prosegue il candidato alle primarie del centrosinistra – mi biasimerà. Qualcuno penserà che sto usando cinicamente un dramma privato. Non mi importa più”.
Pomeriggio intenso quello del “Davide fra i Golia”, secondo definizione del suo stesso staff e dell’amico toscano. Le primarie sono vicine. Lo scontro si è polarizzato fra due sistemi contrapposti. C’è una porzione del Pd che sostiene Fabrizio Ferrandelli, sotto le insegne di Antonello Cracolici e Beppe Lumia. C’è una fetta contrapposta che conduce la battaglia per Rita Borsellino, con la benedizione di Giuseppe Lupo e di Pierluigi Bersani. Freschissima l’urticante polemica sui finanziamenti che i democratici avrebbero concesso alla Borsellino. Il fuoco si è acceso improvvisamente intorno a una denuncia dello stesso Faraone, respinta al mittente dalla sorella del giudice ucciso con la scorta in via D’Amelio.
Faraone convoca il suo popolo al Golden. La tattica – l’unica possibile – è cristallina: presentarsi come l’uomo nuovo che si ribella al braccio di ferro tra due nomenclature belligeranti. Guest star della giornata, il rottamator dei rottamatori: al secolo Matteo Renzi, l’amico toscano, il sindaco di Firenze. In prima fila, Giorgio Gori che narra del suo amore recente per Palermo, tra impegno, arancine e pasta con l’anciova. La linea non ne ha risentito.
L’inizio ricalca il leit-motiv già sperimentato dalla macchina elettorale Faraoniana in altri palcoscenici. Spezzoni di film e interventi dal vivo. Sullo schermo scorrono il Peppino Impastato di Lo Cascio, il veracissimo Falcone con Paolo Borsellino, Al Pacino che da valoroso coach incita una squadra alla partita e, in chiave metaforica, la squadraccia che piomba sul campo come una mandria di bisonti impazziti, con gli occhi fuori dalle orbite, ricalcherebbe il profilo della palermitanità in cerca di riscatto agonistico.
Poi, il microfono “prestato alla città” per raccontarsi e proporsi. Volti vecchi, profili originali. C’è la professoressa della scuola al freddo, c’è il preside dello Zen, c’è il talento della radio, c’è l’artista del fumetto, c’è l’imprenditore che dice parolacce, c’è Sabin la ragazza ghanese che ripercorre il suo percorso complicato, c’è il rappresentante dei Tamil che manda Bersani a pettinar le bambole, con toni assai concitati. Tocca a Matteo Renzi. Il sindaco alterna motti in vernacolo per punteggiare il suo discorso. I palermitani del Golden lo ascoltano, come se fossero abituati a sciacquare i panni nell’Arno. Renzi attacca: “Caro Davide, le primarie si possono perdere. L’essenziale è non perdere la faccia. Tutti dovrebbero partire con eguali possibilità. La polemica sui finanziamenti non è fine a se stessa. Forse qualcuno deve per forza partire più avanti degli altri. E’ il meccanismo che ci frega sempre. Conti perché conosci qualcuno”.
Chiude Davide Faraone. Spiega di sua figlia. Anche lui tira colpi di spingarda sulle primarie: “Se vince Ferrandelli, vincerà Lombardo. Se vince Rita Borsellino, vincerà Bersani. Troppo comodo presentarsi come campioni della società civile, col sostegno dell’apparato. Palermo è un affare più serio e merita rispetto. A questo punto è chiaro che solo noi ci occupiamo davvero dei problemi concreti”. La gente applaude con le ultime energie rimaste, dopo cinque ore di immersione.