RAMACCA (CATANIA) – Potrebbe rivelarsi come il primo, cruciale, snodo dell’inchiesta sul presunto omicidio di Vera Schiopu. La venticinquenne, di origini moldave, è stata trovata impiccata sabato scorso in campagna a Ramacca. In carcere, su ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Caltagirone, ci sono due persone, con l’accusa di concorso in omicidio.
Sono il fidanzato di Vera, il romeno Gheorghe Ciprian Apetrei, e un amico e connazionale di lui, Costel Balan. È stato quest’ultimo ad avvertire i carabinieri della compagnia di Palagonia. Militari che poi hanno indagato e deciso di sottoporli a fermo. L’indagine, va precisato, è ancora aperta: dopo l’udienza, il gip ha convalidato i fermi.
Ieri sera si è svolta l’autopsia sul corpo della ragazza. La relazione del medico legale incaricato dalla Procura di Caltagirone, la dottoressa Maria Francesca Berlich, è attesa entro i prossimi novanta giorni. La dottoressa ha lavorato a partire dal tardo pomeriggio di ieri, nell’obitorio, dopo esser stata nominata come consulente della Procura. Nulla trapela, al momento, sul possibile esito dell’esame autoptico.
Ad ogni modo decisiva, l’autopsia, lo è di certo in relazione al primo punto su cui si basa l’accusa. Apetrei, dopo l’arrivo dei militari, ha sostenuto di aver trovato Vera impiccata nel casolare che si trova tra le campagne di Ramacca e la frazione paternese di Sferro.
La Procura di Caltagirone invece sostiene che le cose siano andate diversamente e che non si sia affatto trattato di un suicidio. L’inchiesta è coordinata dal procuratore capo facente funzioni Alberto Santisi e dal sostituto Alessandro Di Fede.
Dall’esame autoptico ci si attende un riscontro scientifico all’enorme mole di materiale raccolto dai militari. Gli inquirenti hanno interrogato subito i due romeni. Hanno raccolto le prove sulla scena della tragica morte di Vera e tutta una serie di elementi che smentirebbero la tesi del suicidio.
Trapela inoltre che quei reperti, rinvenuti sul luogo della morte della 25enne, dovranno essere analizzati dal Ris.
Le incongruenze del racconto dei due giovani
Se emergesse poi che il sangue rinvenuto appartenesse a Vera, sarebbe un altro elemento di carattere scientifico. Gli investigatori hanno messo in risalto le tante, troppe, incongruenze del racconto dei due romeni. Le tracce ematiche rinvenute, poi le escoriazioni trovate sul corpo della vittima.
Inoltre la corda che la giovane avrebbe usato per togliersi la vita, secondo gli investigatori, non sarebbe stata resistente a tal punto da sostenerne il peso. E non sarebbe stata appesa a una trave, all’interno di quel casolare di contrada Polmone, ma in un punto più basso, con i piedi che arrivavano a sfiorare il pavimento.
L’interrogatorio e le dichiarazioni dell’amico di Apetrei
Nell’udienza di convalida dei fermi, Apetrei si è avvalso della facoltà di non rispondere. Balan invece avrebbe fornito la propria versione dei fatti. Avrebbe sostenuto che i due fidanzati vivevano assieme in quel casolare che aveva affidato da qualche tempo al suo amico.
Avrebbe aggiunto che i fidanzati sarebbero stati ubriachi, quel pomeriggio. Secondo la sua versione, durante una lite tra i due, Vera sarebbe caduta a terra e avrebbe sbattuto la testa. Lui, li avrebbe poi lasciati lì e nel pomeriggio, tornando in campagna dopo le 17, avrebbe udito il suo amico urlare: entrando nel casolare, c’era già il corpo senza vita della ragazza.
Le indagini proseguono alla ricerca anche del possibile movente.