Salvo Piparo: "Vi racconto il mio Festino"

“La Santuzza è rosanero, gli ultimi giorni con Biagio”

Parla 'il mattatore' di Palermo. Come sarà il suo Festino.
INTERVISTA A SALVO PIPARO
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Ci sarà ancora una volta lui, nel cuore del Festino, in quella bollitura di corpi accaldati, babbaluci condannati e fiori di luce che si aprono nella notte di Palermo. Ci sarà Salvo Piparo (qui raffigurato nella foto di Salvo Damiano, gentilmente concessa), a raccontare la storia della Santuzza. Lui che di Palermo è maschera e volto, fino alla sintassi del nonsenso. Per cui non si capisce dove finisce la prima e dove comincia il secondo.

Sempre mattatore, Salvo?
“Ognuno fa la sua parte con umiltà. Intanto, siamo stati in giro a rappresentare ‘il Trionfo’ di Salvo Licata. Con tanta gente coinvolta”.

Quante Rosalie sono?
“Ho perso il conto. Ma, a prescindere dal nostro meraviglioso Festino, io racconto la Santuzza da quindici anni”.

Tu che ormai sei in confidenza, puoi dirci chi è Lei?
“Rosalia incarna il sentimento della città, non è solo devozione religiosa. La invochiamo in mezzo al traffico, nelle sofferenze, nei problemi: pensaci tu… Pure allo stadio quando gioca il Palermo. La Santuzza è rosanero perché esprime tutte le nostre sfumature. Dalla desolazione alla speranza. Ed è multietnica, i tamil e gli indiani stravedono”.

Cos’è la peste?
“La peste è l’abbattimento, la paura, la rassegnazione. Io, per esempio, indosserò i panni di frate Adriano che fu cronista della grande pestilenza di Palermo. Sarò nel primo quadro e introdurrò il secondo. Sono parole di buio e di cupezza, però, in fondo, c’è la luce”.

Il Festino è stato dedicato dal nostro arcivescovo a don Pino Puglisi e a Biagio Conte.
“Sono andato a trovare Biagio molto spesso, nelle ultime settimane. Mi piace che sia il protagonista, come padre Puglisi che ha pagato con la vita la sua lotta coraggiosa contro la mafia. Sono figure del cuore e della memoria”.

Fino all’ultimo, Fratel Biagio ha avuto parole per i poveri…
“Perché lui si è intestato un problema che questa città non voleva, parliamoci chiaro. Siamo stati indifferenti e adesso lo piangiamo. Siamo, appunto, rosanero, pieni di contraddizioni”.

Il sindaco griderà: ‘Viva Palermo e Santa Rosalia!’.
“Un urlo liberatorio che dà sfogo alla tensione di tutti, soprattutto di chi ha problemi, di quelli che sono ai piedi del carro. Ed è giusto che il carro si faccia alla Missione”.

Un ultimo pensiero per il nostro Biagio.
“Si è addormentato e tutti ci siamo un po’ addormentati con lui perché gli volevamo bene. Siamo addolorati, ma abbiamo fede nella resurrezione”. (rp)


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