CATANIA – I finanzieri del Comando Provinciale di Catania – coordinati dal Sostituto Procuratore Giancarlo Cirielli, magistrato del gruppo per i “reati contro la criminalità economica” della Procura della Repubblica di Roma – hanno dato esecuzione al provvedimento, emesso dal G.I.P. del Tribunale capitolino, Massimo Di Lauro, con il quale è stato disposto il sequestro preventivo (VIDEO) delle due sale Bingo catanesi, “ALCALÀ” e “CARONDA”, il cui valore di stima complessivo si aggira intorno ai 15 milioni di euro. Si tratta di una maxi indagine che ha visto in primo piano gli investigatori della guardia di finanza etnea guidata da Roberto Manna e la tributaria di Alberto Nastasi, che già poche settimane addietro avevano messo i sigilli agli hotel dei Romano.
GLI INDAGATI. A vario titolo, in se capi d’indagine sono indagati gli imprenditori catanesi Alessandro Carlo Indovina e Claudio Capostagno, Francesco Binetti, Andrea Tomasish, Roberto Giammusso, Federico Josè Escorial Bonet, Vittorio Casale, già coinvolto in inchieste nazionali, Josè Ramon Ortuzar Estornes. LivesiciliaCatania sta tentando di contattare i difensori degli indagati.
LA REPLICA. Alessandro Indovina ha scelto come difensore di fiducia Antonio Fiumefreddo, contattato da Livesicilia, il penalista catanese spiega che “il sequestro è un atto dovuto dopo la consulenza tecnica depositata dal pubblico ministero”. “Stiamo lavorando -aggiunge Fiumefreddo- insieme a tecnici di alto livello per ricostruire ogni aspetto e posso affermare con certezza che dimostreremo come la gestione di Indovina e degli altri amministratori sia avvenuta sempre nel rispetto delle leggi e delle procedure”. Antonio Fiumefreddo sottolinea che “tutti i creditori sono stati soddisfatti e tutte le spese sono state sostenute per attività connesse con la gestione imprenditoriale delle società”. Tanto premesso il legale ritiene che “non appena depositeremo i risultati dei nostri accertamenti confidiamo che verranno meno i presupposti che hanno portato al sequestro preventivo”.
L’attività di indagine, secondo la ricostruzione della Guardia di Finanza- avrebbe consentito di accertare che gli amministratori della società “GIOCABINGO S.r.l.”, Indovina e Capostagno, noti imprenditori catanesi, “con la complicità e/o consapevole omissione di qualsivoglia attività di controllo da parte degli altri sei indagati, tutti inseriti nella società in ruoli amministrativi – attraverso un articolato sistema fraudolento sviluppatosi mediante una serie di atti societari preordinati – hanno trasferito, a un prezzo risultato palesemente incongruo, a nuove società appositamente costituite, sempre riconducibili ai due principali indagati, la proprietà e la gestione delle due sale Bingo”.
Più in dettaglio, dalle indagini svolte sarebbe emersa la falsificazione delle scritture contabili, sarebbero state sostenute spese “non attinenti l’attività aziendale, l’omesso versamento delle ritenute erariali e previdenziali, la dissipazione di beni aziendali nonché la distrazione di ingenti somme di denaro”.
“Le suddette condotte delittuose -ipotizzano i finanzieri- aventi quale scopo la distrazione dell’intero patrimonio della “GIOCABINGO S.r.l.” – hanno cagionato il dissesto della società e si sono completate nel 2010, con lo spostamento della sede sociale in Roma dove nel 2012 è stata dichiarata fallita, con un passivo di oltre 12 milioni di euro (di cui ben 11 nei confronti dell’Erario)”.
“Tale trasferimento -recitano ancora gli investigatori- è stato, in particolare, finalizzato a far perdere le tracce della società svuotata in considerazione dell’elevatissimo numero di società operanti nel territorio della Capitale sottoposte a procedure fallimentari, circostanza peraltro già emersa in altre recenti indagini svolte dal Nucleo di Polizia tributaria di Catania per bancarotta fraudolenta.
In realtà, i due imprenditori catanesi hanno sempre mantenuto la proprietà e la gestione diretta delle due sale Bingo attraverso un vero e proprio labirinto di società le cui partecipazioni sono state affidate a una fiduciaria romana incaricata della gestione per loro conto”.
Più in dettaglio, dall’analisi dei documenti societari sarebbe “chiaramente” emerso che, sin dai primi anni dell’attività, i principali indagati hanno impropriamente “finanziato” la società ai danni dell’Erario e degli Enti previdenziali, non versando sistematicamente l’IVA e le ritenute erariali e previdenziali dovute.
E ancora, gli stessi avrebbero ripetutamente attinto risorse per centinaia di migliaia di euro dalle casse della società poi fallita, senza alcuna giustificazione economico-commerciale, per viaggi di piacere e spese personali.
Tra le operazioni contestate vi è anche l’ingiustificata rinuncia a crediti verso società collegate per oltre 5 milioni di euro. Significativa è, infine, la corresponsione agli stessi due amministratori, negli anni dal 2004 al 2010 (periodo in cui la società era già in grave stato di insolvenza) di compensi per 2,7 milioni di euro. La sequenza degli atti societari fraudolenti attraverso cui è stata mascherata la reale proprietà delle due sale Bingo si è sviluppata secondo il seguente schema:
– settembre 2009: cessione del ramo aziendale della “GIOCABINGO S.r.l.” relativo alla gestione della Sala Bingo “CARONDA” alla neo costituita “FIN BINGO S.r.l.”, al prezzo irrisorio di 30.000 euro (peraltro non corrisposto) a fronte di un valore di mercato di circa 7,5 milioni di euro;
– ottobre 2009: cessione del ramo aziendale della “GIOCABINGO S.r.l.”, relativo alla gestione della Sala Bingo “ALCALÀ”, alla neo costuita “CMT S.r.l.”, al prezzo irrisorio di 30.000 euro (peraltro non corrisposto) a fronte di un valore di mercato di circa 7,5 milioni di euro.
Successivamente, sono stati effettuati i seguenti ulteriori trasferimenti di quote societarie:
– la Sala Bingo “CARONDA” è stata ceduta dalla “FIN BINGO S.r.l.” alla “GOLD STAR 2013 S.r.l.”, il cui capitale sociale è detenuto al 50% ciascuno dalle società “PARTECIPAZIONI S.r.l.” e dalla “GOLDEN INVEST S.r.l.”. Queste ultime società risultano entrambe di proprietà dei due maggiori indagati e gestite per loro conto dalla società fiduciaria romana “WIDAR S.p.a.” (veggasi schema n. 1);
– le quote della “CMT S.r.l.” (proprietaria della sala “Bingo ALCALÀ”), inizialmente possedute da altri soggetti economici sempre riconducibili ai principali indagati, sono state cedute alla “GOLD STAR 2013 S.r.l.”, alla “GOLDEN RE S.r.l.” e alla “PLATINO S.r.l.”. Anche queste ultime società sono partecipate da familiari dei due principali soggetti indagati e dalle già richiamate “PARTECIPAZIONI S.r.l.” e “GOLDEN INVEST S.r.l.” (veggasi schema n. 2).
Le due Sale da gioco sequestrate continuano a essere operative e, da oggi, saranno gestite da un amministratore giudiziario già nominato dal Tribunale di Roma.