PALERMO – Un esercito di finte badanti veniva messo a disposizione per ogni “aspirante” invalido. A dirlo sono le indagini dell’operazione dei carabinieri che ieri hanno arrestato sei persone per truffa ai danni dell’Inps. Altre diciassette sono state raggiunte da misura cautelare per aver partecipato ad un giro d’affari che ammonta ad oltre un milione e mezzo di euro. Soldi che finivano nelle tasche di un’organizzazione che a scapito dei veri malati, riusciva ad ottenere il riconoscimento dell’invalidità con tanto di indennità per l’accompagnamento, ovvero la somma erogata per permettere al portatore di handicap totale, di essere assistito perché non autosufficiente.
Per raggiungere questo scopo, davanti alla commissione sanitaria dell’Inps, insieme al presunto malato appariva anche una donna. A volte diceva di essere la badante, altre volte una parente. Una messa in scena accuratamente studiata, in base a quanto è emerso dalle intercettazioni, con Giuseppe Cinà, che procurava al finto invalido una finta assistente che, a sua volta, aveva già ricevuto la pensione con il solito raggiro.
Al fine della truffa il compito delle finte badanti era praticamente fondamentale. Ognuna di loro, dietro il compenso di cinquanta euro, veniva istruita su cosa dire e su come comportarsi davanti alla commissione esaminatrice. La badante così spiegava le patologie del malato, i sintomi, i piani terapeutici e la qualità della vita del paziente, mentre quest’ultimo era impegnato a simulare una totale chiusura relazionale, rimanendo in silenzio e spesso con lo sguardo perso nel vuoto. Insomma, la finta badante rendeva più credibile la sofferenza dell’invalido, che senza di lei non poteva andare avanti. Motivo fondamentale per vedersi riconosciuta l’indennità di accompagnamento
Alina Nicoleta Carmaz, Silvana Giordano, Paola Pipitone e Deborah Serpa sarebbero soltanto alcune delle donne “ingaggiate” da Cinà. La prima, di origine romena, e la Giordano, erano anche titolari, a loro volta, di pensioni di invalidità. A spiegare bene il loro ruolo era lo stesso Cinà, come è venuto a galla nel corso di alcune telefonate intercettate. Durante una conversazione con Silvana Giordano, ad esempio, appare chiara l’opera di convincimento di Cinà nei confronti della donna, che voleva tirarsi indietro dopo aver ricevuto la convocazione ad una visita medica.
SILVANA: “nooo, Cinà, ti giuro sui mieifigli non ci vado”
CINA’: “no, e non è un peccato che te la fai levare?”
Cinà riusciva a convincerla del contrario, dicendole che l’avrebbe fatta accompagnare da sua figlia in cambio di cinquanta euro: “gli dai i soldi a lei e ti accompagna mia figlia”
SILVANA: “e quanto gli devo dare a tua figlia?”
CINA’: “50 euro Silvana”
Con altri 250 euro, le avrebbe fornito anche i documenti medici aggiornati:
SILVANA: “e i documenti tu ce li hai?”
CINA’: “certo! tu basta che mi dici a me “aiutami!” minchia “rubami che ti aiuto. Preparami la fotocopia della tessera tua e 250 euro!
Tra chi aspirava ad ottenere una pensione e la somma per l’accompagnamento, anche la sorella di Cinà. Durante una telefonata è il fratello a spiegare alla donna di non dovere andare da sola alla visita: non sarebbe stata credibile e avrebbe potuto dire addio all’indennità.
Franca: va bene. Perchè un conto è che tu vieni e mi guardi i documenti…
Giuseppe: devo vedere i documenti, certo, quello che ti dice, quello che ti domanda…
Franca: Esatto. Che tu me lo devi dire. Io che ne so?
Giuseppe: vedi chi ti deve accompagnare…portati a una per compagnia.
Franca: Ah, mi devo portare una?
Giuseppe: Certo, che, per l’accompagnamento ci vai da sola?