PALERMO – Si firmava Svetonio nella corrispondenza con Matteo Messina Denaro. Si era guadagnato la fiducia di Bernardo Provenzano. Ha collaborato con i servizi segreti. Chi era davvero Antonino Vaccarino, nato a Corleone, 76 anni fa e deceduto stamani?
Il 6 maggio 1992 Vaccarino viene arrestato nel blitz “Palma”. Con il gotha della mafia trapanese condivide le accuse di associazione mafiosa e traffico di droga. In primo grado il Tribunale di Marsala lo condanna a diciotto anni di reclusione, anche sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara.
Sotto processo ci sono pure don Ciccio Messina Denaro, il padre del latitante Matteo, Franco Luppino e Vincenzo Santangelo.
Vaccarino viene addirittura considerato il reggente della mafia di Castelvetrano. In appello, però, l’accusa di associazione mafiosa non regge. La condanna arriva per la droga e viene ridotta a sei anni.
Nel 2006 si torna a parlare di Vaccarino in occasione della cattura di Bernardo Provenzano. Nel casolare di Montagna dei Cavalli, dove finisce la latitanza del padrino corleonese, vengono trovati dei pizzini del 2004 e 2005. A scriverli è stato Matteo Messina Denaro, alias Alessio, che faceva riferimento all’amico e stimato Vac o Vc, imparentato tramite la moglie con Carmelo Gariffo, nipote di Provenzano: “… tengo a precisare che per me è una brava persona che voglio bene e che stimo…io so che lui agirà sempre In bene per tutti noi e per la nostra causa”.
Dal 2006 l’ex sindaco di Castelvetrano Finisce sotto intercettazione e si scopre che è un collaborazione del Sisde. Su indicazione dei servizi segreti Vaccarino, alias Svetonio, ha attivato una corrispondenza epistolare con Matteo Messina Denaro, tramite il cognato del capomafia di Castelvetrano, Vincenzo Panicola. Il livello di confidenza è intimo. Vaccarino spiega che è stato incaricato di stanare il latitante, ma finisce di nuovo sotto inchiesta per mafia a Palermo.
L’inchiesta viene archiviata nel 2007 su richiesta della stessa Procura che tuttavia ravvisa “una ambiguità di fondo”. “In conclusione nel comportamento di Vaccarino – scrivevano i pm – sono indubbiamente ravvisabili talune zone d’ombra e altrettanto indubbiamente talune dichiarazioni rese in sede di interrogatorio appaiono reticenti e fuorvianti su punti non secondari, mentre per altro verso risulta difficile spiegare il suo personale ‘successo nei rapporti con i capo di Cosa Nostra e con un pericoloso ed astuto latitante come Messina Denaro”.
Cosa c’era dietro tanta fiducia? Vaccarino ha sempre detto di non avere avuto prima della stagione di Svetonio dei contatti con Messina Denaro e di essersi guadagnato la stima di esponenti mafiosi di primissimo piano durante la sua detenzione al “carcere duro” di Pianosa. Troppo poco per convincere del tutto i pubblici ministeri.
Erano i primi dell’ottobre del 2004 e Matteo Messina Denaro scriveva: “…Nel febbraio scorso il mio parente intimo mi fece sapere che lei lo contattò e mi rese edotto dei discorsi che lei gli fece … io ho detto allo zio di suo cugino che ora io stesso avrei contattato lei per cercare di portare il tutto a buon fine ed è così che mi sono permesso di cercarla anche in assenza del mio parente intimo… Lei mi deve mandare la sua lettera con le risposte sopradette tramite la stessa persona con cui riceverà questa mia, penso che non le verrà difficile trovarlo o farlo cercare…”. L’intermediario fra i due, infatti, non era più il fratello Salvatore, ma il cognato Vincenzo Panicola che si sarebbe dato da fare per recapitare la risposta dell’ex sindaco.
“…Ti sono grato per la fiducia accordatami soprattutto perché rispettosa della obbligata diffidenza verso chiunque non assicuri garanzie quali quelle del tramite utilizzato. … Caro Alessio, totale e incondizionata fiducia solo in te, fammi sapere, per lo stesso tramite il tuo pensiero sulle mie argomentazioni programmatiche…” scriveva Vaccarino i primi del dicembre del 2004.
L’1 febbraio 2005 Alessio (Matteo Messina Denaro) rispondeva a Svetonio che a sua volta il 30 marzo 2005, torna scrivere: “… Sono particolarmente lieto di avere rivisto un amico da te mandato. Mi rincuora prendere atto di come la fiducia passata sia consolidata nel presente. (..) Era ieri con il tuo Papà quello che oggi garantisce a te suo figlio. … – omissis – … A riguardo, soltanto suo tramite, fammi sapere le modalità particolari e le concrete possibilità operative…”.
Il 22 maggio il latitante risponde ancora. “… La prossima posta per me la deve dare al nostro tramite entro il primo di settembre e non oltre, poi io le risponderò con i tempi che sa. Dato il periodo estivo per agevolarla dirò al nostro tramite che sia lui a farsi vedere da lei nell’ultima settimana di agosto…”. Il ‘pizzino’ giungeva nelle mani di Vaccarino il 21 giugno, un mese dopo.
Il quarto messaggio di Alessio a Svetonio è del 30 settembre 2005. “se mi deve dire qualcosa deve dare il tutto al nostro tramite (Vincenzo Panicola, secondo le indagini, ndr) entro e non oltre il 20 dicembre, anzi dirò al nostro tramite che per quella data sia lui a farsi vedere così nel caso non c’è bisogno che lei lo cerchi (…) Farò sapere al nostro comune amico (Rosario Cascio, secondo le indagini, ndr)) di venirla a trovare, anzi gli dirò che ogni tanto deve venirla a trovare di sua spontanea volontà così se lei avrà da dirgli qualcosa non avrà l’onere di cercarlo. Spero che si possa concludere qualcosa con questo amico .…”. A questa lettera Vaccarino rispondeva il 24 dicembre 2005.
Il 22 gennaio 2006 il latitante tornava a scrivere al sindaco. “… Per il discorso del nostro amico (Rosario Cascio secondo le indagini, ndr), lei non lo deve cercare perché già lui sa da me che ogni tanto deve essere lui a venire a trovare lei, infatti ha da poco comunicato che a quanto pare vi siete già visti. (..)… Per la prossima posta da lei a me, verrà a ritirarla da lei il nostro tramite Venerdì 1 Settembre, già il nostro tramite sa ciò quindi non c’è bisogno che lei glielo dica, lui il 1 Settembre verrà a prendere la sua per me. …”. La lettera arrivava a Vaccarino il 26 febbraio 2008.
Infine la lettera di Matteo Messina Denaro con cui si chiudevano i rapporti fra i due e scritta dopo l’arresto di Bernardo Provenzano e del sequestro di tutti i ‘pizzini’ trovati nel covo di Montagna dei Cavalli a Corleone.
“La informo che nelle mie lettere che hanno trovato a lui (Provenzano, ndr) si parla anche di lei e le spiego come sono andati i fatti. Io e lui (Provenzano, ndr) siamo sempre stati in contatto, però non c’era mai stato da parte mia il motivo di parlare di lei con lui, non ce n’era proprio motivo. Ad un tratto, circa 2 anni fa, lei cominciò a parlare con suo cugino di alcune cose, poi il cugino trasmetteva a lui i discorsi che avevate e lui li comunicava a me, infatti ad un tratto lui mi cominciò a parlare di lei, dicendomi tra l’altro, che lei mi cercava, infatti poi io mi feci vivi con le… Inutile dirle i discorsi che lui mi fece su di lei tanto lei già li sa, visto che erano gli argomenti che lei trattava con suo cugino… Comunque, essendo che fu lui a scrivermi per primo di lei fu li a darle una sigla, lui parlava di lei usando le prime 3 lettere del suo cognome; io, dal canto mio non potevo cambiare questa sigla da lui scritta perché non mi avrebbe più compreso, visto anche le limitazioni che aveva nello scrivere; così io risposi a lui sulle argomentazioni da lui dettemi usando la stessa sigla che lui aveva inventato per lei… Risposi in tale modo per 2 o 3 volte, non di più, non riesco ad essere preciso, comunque sono 2 o 3 volte; dopo di ciò, non piacendomi questa sigla che lui usava per lei, io, di testa mia cambiai la sigla, rischiai di non essere capito da lui ma lo feci lo stesso; lui però mi capì anche perché i discorsi lo riportavano a lei e, quindi, da quel momento si usò la sigla da me modificata. La modifica che feci io sta nel fatto che dalle 3 lettere che usò lui tolsi la vocale, quindi restarono le prime 2 consonanti, dunque il 2/3 lettere (da me a lui) usai la sigla dettami da lui; poi nelle altre mie lettere a lui la sigla era: le prime 2 consonanti. (..)
Capirà da sé che ci sono persone, a me vicine e care, che ora sono nei guai, compreso lei, e mi creda sono imbestialito anche se mantengo la calma, perché l’ira non porta a niente, e sono anche troppo addolorato e dispiaciuto, ma questo è un fatto che concerne solo il mio intimo. Ritornando alla sua posizione:io credo che, pur pensando che si tratti di lei, avranno poco da fare perché dovranno dimostrare e portare riscontri su un suo eventuale coinvolgimento:…omissis … E l’unico modo per poterlo dimostrare è tenere sotto controllo lei per accertarsi se poterlo dimostrare è tenere sotto controllo lei per accertarsi se ha rapporti con me, se loro riescono in ciò per loro sarà la prova del nove, e lei non avrà più difesa. Quindi, l’unica soluzione è rompere –da subito- i nostri contatti: non ci sentiremo più, almeno non per ora; lei già sarà attenzionato da loro con cimici, telecamere e pedinamenti quindi si faccia una vita alla luce del sole. Io sto azzardando a mandarle questa mia ma non posso fare altrimenti, la devo informare di come sono messe le cose, ne va della mia onestà ed affettuosità nei suoi confronti, oltre che dalla mia lealtà. Da questo momento non ci sentiamo più, vediamo gli sviluppi e poi ci ricontattiamo, nel frattempo faccia una vita trasparente in tutto perché veda che è sotto la loro attenzione e la controlleranno continuamente per un bel po’.
Allo stesso tempo non si faccia prendere dallo sconforto e dal panico, per esserle d’aiuto morale, pensi che per lei è tutto da dimostrare, laddove ci sono altri amici completamente inguaiati, non ci voleva tutto ciò, è una cosa assurda dovuta al menefreghismo di certe persone che tra l’altro non si potevano e dovevano permettere di comportarsi in siffatto modo.
Mi scuso se ho ritardato un po’ a darle queste notizie ma prima non ho potuto. Spero, nonostante tutto, che lei bene in salute così come spero di poterci sentire presto. La voglio bene.” Firmato Alessio, Matteo Messina Denaro