“Soluzioni tampone per la formazione professionale non accompagnate da una riforma servirebbero solo ad aggravare la situazione. Per questo chiediamo che ci siano le garanzie per i lavoratori ma che si proceda contemporaneamente ad aprire una nuova fase e per questo obiettivo la nostra battaglia proseguirà”. Lo ha detto Mariella Maggio, segretario generale della Cgil Sicilia, organizzazione che assieme alla federazione di categoria Flc ha oggi presentato in una conferenza stampa un dossier Formazione professionale e già avviato nelle province una campagna di sensibilizzazione chiamata la campagna della “Pagina bianca”, quella su cui scrivere il nuovo capitolo della formazione siciliana.
“Occorre avere consapevolezza- ha detto la Maggio– che siamo al fondo del barile, che non ci sono più risorse. E contemporaneamente – ha aggiunto-del fatto che il sistema formazione per come si è strutturato negli anni, per come è gonfiato indipendentemente dalle regole e dalla sua funzionalità era prima poi destinato a saltare, come ci dicono i fatti di queste ultime settimane. Al governo chiediamo dunque tutele per i lavoratori – ha sottolineato- ma che non siano i soliti pannicelli caldi: contemporaneamente ci vuole l’avvio di una riforma che abbia come cardini la razionalizzazione, la trasparenza e l’efficienza”.
Nel dossier di Cgil e Flc viene rilevato che la formazione professionale siciliana conta oggi oltre 10 mila dipendenti distribuiti in 1.474 enti per un totale di oltre 2 milioni di ore di formazione. Il Piemonte, con una popolazione pressoché simile (500 mila abitanti in meno), un apparato produttivo certamente più sviluppato, e a parità di superficie ha una formazione professionale con 2.000 dipendenti. “Quello siciliano è un piano gonfiato – ha detto Giusto Scozzaro – che non risponde alle esigenze del tessuto produttivo”.
Tra le storture del sistema, rilevate dalla Cgil, il rapporto tra formatori e amministrativi che dovrebbe essere 4 a 1 e invece è uno a uno. Così come il fatto che non ci sia un costo orario definito, cosa che fa sì che ci siano enti dove la formazione costa 60 euro l’ora ed enti dove ne costa 200. “Lo sforamento dei parametri di costo- ha osservato Scozzaro- è tra i meccanismi distorti che hanno provocato la crisi, regolarmente avallato dalla Regione con le integrazioni a pie’ di lista spesso senza neanche pezze d’appoggio e su cui ora indaga la Corte dei Conti”. Secondo la Cgil i 4 anni che ci separano dalla fine dei finanziamenti europei dovrebbero servire per rimettere in carreggiata il sistema formativo siciliano, in modo che possa poi camminare con risorse regionali ma su gambe nuove. “Una fase straordinaria qual è l’attuale- ha osservato Michele Pagliaro, della segreteria regionale Cgil- deve essere accompagnata da misure straordinarie e transitorie”.
Nella proposta della Cgil questo significa mettere per qualche anno la formazione professionale a carico del Fondo sociale europeo, cosa che già altre regioni fanno, liberare le risorse della regione e utilizzarle per ammortizzatori sociali. La Cgil richiama alla responsabilità tutti: gli enti datori di lavoro ma anche la regione che deve metterli in condizione di funzionare e fare gli opportuni controlli. Detto questo si dice “contraria a soluzioni generalizzate che colpiscono tutti indiscriminatamente, anche perché tra gli enti ce ne sono di sani –ha detto la Maggio- che hanno fatto bene il loro lavoro nel rispetto dei diritti dei lavoratori con un’offerta formativa di qualità”.
“La riforma- ha sostenuto- deve partire dunque da una operazione chiarezza e trasparenza. Poi occorre individuare i fabbisogni formativi -ha aggiunto- e disegnare la formazione professionale che serve con il numero dei dipendenti commisurato agli obiettivi. Un percorso certo difficile – ha sottolineato la segretaria della Cgil- ma oggi inevitabile, visto che i soldi sono finiti, se si vuole tutelare i lavoratori e avere un sistema funzionale allo sviluppo e all’occupazione e non autoreferenziale come quello attuale. E’ per questo che eventuali pannicelli caldi- ha ribadito la segretaria della Cgil- non ci fermeranno”.
Nel corso della conferenza stampa è stata criticato “il silenzio della politica e la scarsa determinazione del governo regionale sull’argomento”. Ma anche la posizione degli altri sindacati e degli enti in merito alla riforma. “E’ facile invocare una riforma- ha detto Pagliaro- ma quello che poi constatiamo e’ che gli enti vorrebberrero che il sistema si perpetuasse per come è, le altre sigle invece non ci risulta che abbiano una piattaforma che vada oltre alcuni titoli come quello del ruolo unico che non possiamo condividere perché significherebbe creare un nuovo contenitore regionale, tirando fuori gli enti dalle loro responsabilità”.