L’esile figura di Antonio Cognata appare ancora più fragile con il braccio fasciato e le ecchimosi in volto. Ma l’azzurro intenso degli occhi del sovrintendente del teatro Massimo rivela una determinazione non vinta dalla brutale aggressione subita giovedì sera. Le sue parole sono senza tentennamenti quando annuncia che non vede l’ora di tornare al lavoro per continuare l’opera di risanamento delle finanze dell’ente lirico rivendicata con orgoglio. E dal suo sguardo trapela anche amarezza e rabbia per le dichiarazioni polemiche di alcuni sindacalisti.
“I medici mi hanno diagnosticato trenta giorni di prognosi, ma spero di tornare prima. Non vedo l’ora di ricominciare a lavorare, devo esorcizzare quello che è successo e ho tante cose da fare in teatro. E poi ci sono gli studenti all’università che mi aspettano. Mi hanno telefonato in molti”.
C’è qualcosa che può avere determinato un gesto intimidatorio di tale gravità?
“Non sono un investigatore, spero che siano gli inquirenti a fare luce sulle responsabilità e le cause di tutto ciò. Questa è una città complicata. Forse ho inavvertitamente tagliato la strada a qualcuno. Non voglio collegare l’accaduto al mio lavoro in teatro. Ci tengo a dire che il Massimo è fatto da tante persone perbene. Ma so anche che il clima non è sereno. Ci sono ostilità personali, non da oggi. Ho collezionato una pila di lettere anonime, di denunce agli organi inquirenti per ipotetiche malefatte assolutamente false, vengo perfino attaccato perché lavoro, in modo del tutto legittimo, anche all’università”.
Adesso ha paura?
“Non penso che chi fa il proprio lavoro debba avere paura. Io non sono l’unico che si occupa del risanamento del teatro. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il sostegno del Consiglio di amministrazione, del sindaco, senza collaboratori che sposano la tua causa, senza l’appoggio di tanti lavoratori”.
Eppure c’è chi sostiene che questo risanamento non c’è…
“Mi fa orrore che qualcuno affermi che non c’è stato un risanamento. Non voglio mettermi una medaglia, io ho solo operato con comportamenti corretti e seguendo le regole. Ma i conti parlano chiaro. Quando sono stato nominato sovrintendente c’era un buco in bilancio di 26 milioni di euro e le banche ci potevano fare chiudere da un giorno all’altro”.
E adesso?
“Ora basta sapere legge i bilanci per verificare che il teatro è in attivo, con ricavi che hanno superato i costi al netto delle partite di finanziamento straordinario. Tutto questo ci ha permesso di ricostruire il patrimonio del teatro. Oggi solo tre teatri in tutta Italia possono vantare performance di questo tipo”.
Come ha fatto ad ottenere risultati tanto lusinghieri?
“Quando sono stato nominato il teatro rischiava di morire. Era necessaria una gestione delle risorse oculata. E’ un’azienda con 40 milioni di euro di bilancio. Solo una piccola parte destinata alla produzione, il resto viene assorbito soprattutto da personale, acquisti di materiale, appalti. Ma non è possibile che un’azienda, sia pur particolare come un teatro, abbia costi del personale che impegnano il 70% del bilancio”.
Quindi cosa ha fatto?
“Ad esempio, ho tagliato migliaia di ore di straordinario illegale che costava 3 milioni di euro l’anno. Adesso non è più così. E tengo a precisare che la decisione è frutto di un accordo sindacale, che i lavorarori hanno accettato. Ho giudicato inopportuno spendere 70mila euro l’anno di cancelleria. Oggi, con la medesima qualità, costa appena 6mila euro. Abbiamo cambiato molti fornitori ottenenendo buone percentuali di ribasso. La gara per i trasporti e la manovalanza, che si è appena chiusa, è stata aggiudicata con un ribasso del 25%. Per lavare i costumi spendiano il 50% in meno, perchè abbiamo interpellato dieci ditte invece che una sola. Tutto questo non è frutto solo del mio lavoro, tutti hanno dovuto fare sacrifici, tanti li hanno accettati di buon grado. Ci sono sindacalisti che hanno collaborato, che ci hanno creduto tanto quanto me, altri non hanno avuto questo spirito. Forse qualcuno ha pensato che si trattasse solo di provvedimenti temporanei. Ma il risultato è che oggi la produzione è aumentata, così come gli incassi, mentre purtroppo i contributi pubblici diminuiscono, e c’è una tranquillità economica che avvantaggia i dipendenti”.
Ed il licenziamento dei dodici dipendenti indagati per la truffa degli stipendi gonfiati?
“I licenziamenti sono la parte minore della storia. Se c’è un dipendente che ruba e costoro non avevano solo rubato bensì organizzato una truffa, l’azienda può avviare i licenziamenti anche a prescindere dall’accertamento del reato penale e dall’esito dell’indagine giudiziaria. Con questi lavoratori si è rotto un rapporto di fiducia. Ma non è questo il tema. Non penso che tutto ciò sia riconducibile all’aggressione”.
Allora cosa?
“Le intimidazioni non sono una novità al teatro Massimo. Ho lavorato in teatro anche dal ’96 al ’99, allora non avevo il ruolo di sovrintendente, e ricordo altri episodi gravi. E’ stata bruciata la casa di campagna dell’allora direttore di produzione, l’auto di un collaboratore, il cda chiese anche l’intervento della Commissione nazionale antimafia. Il sovrintendente Attilio Orlando dovette andare via. Altri episodi si sono verificati nel 2003. Poi ci sono alcuni periodi del teatro che vengono celebrati come gloriosi, ma forse bisognerebbe sospettare quando tutto va bene”.