27 Marzo 2023, 18:49
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Abbiamo già scritto che l’amore è cieco e che, verosimilmente, fu l’amore a permettere la candidatura (con elezione) di Marta Fascina in Sicilia, terra lontanissima e a lei quasi del tutto ignota. L’amore di Silvio, si intende. Ma, adesso, per citare un altro luogo comune si può scrivere che, davvero, ‘assenza è più acuta presenza’, buttandola in politica e dando all’aforisma poetico un’aura leggera. La Signora di Arcore (ar core nun se comanna, chioserebbero altri dialetti) e del cuore berlusconiano sta dimostrando di avere in serbo più mosse di quante non si possa immaginare. E i lembi estremi del tavolo da gioco sono piantati quaggiù.
Sappiamo dei ribaltoni a livello nazionale. Per una regina a cui viene dato scacco, Licia Ronzulli, ce ne sono altre due (Marta Fascina, appunto e Marina Berlusconi) che si insediano. E che, insediandosi, ritagliano per il corpo forzista un abito meloniano su misura. Una scelta sartoriale che potrebbe rappresentare una linea duratura di accomodamento necessaria, anche con un occhio all’azienda di famiglia, con Giorgia, leader e capobranco del rissoso centrodestra. Certo, bisogna essere cauti nell’attribuire al lato femminile l’assoluta preponderanza della strategia. Silvio, pure da vegliardo, regna.
E la Sicilia? Viene subito in mente la detronizzazione di Gianfranco Miccichè. Che ha mosso una guerra incauta al fortissimo Renato Schifani, governatore e candidato scelto da Ignazio La Russa. E che, per questo, ha pagato il prezzo dell’isolamento e della decadenza, condito con molte frasi di circostanza. La de-Miccicheizzazione della Sicilia ha le sue origini nel conflitto con l’inquilino supremo di Palazzo d’Orleans. Ma si muove nel senso degli sviluppi successivi con il nuovo corso meloniano-schifaniano che trova la strada spianata, senza nemmeno il fastidio dell’ultimo potenziale vietcong nella giungla: Gianfranco, che continuerebbe a seguire il suo inesausto spirito di contraddizione.
Così, va avanti – aggirando gli ostacoli – la campagna di Giorgia che può fare la voce grossa, a cominciare dalle prossime amministrative di Catania. Chi oserebbe mettersi di traverso nell’Isola che ha un presidente della Regione amico di Fratelli d’Italia, sia pure con le tensioni che non sono mancate e che hanno visto una casistica ampia, ma giammai un solco che si apre?
Intanto, ad Arcore e dintorni, la rivoluzione delle regine ha impresso una svolta inattaccabile sulla rotta di Palazzo Chigi che non può non avere echi negli angoli remoti, nel risiko del centrodestra. E che importa se questa derelitta Sicilia resta periferia, luogo impossibile da abitare, roccaforte negletta, un incubo reso ancora più beffardo dalla retorica permanente? L’essenziale – si sa – è la presenza. Soprattutto da assenti. (rp)
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27 Marzo 2023, 18:49