PALERMO – Il boss Salvatore Bonomolo si pente e racconta ciò che sa sull’omicidio di Enzo Fragalà. Dice ai pubblici ministeri di Palermo di avere saputo da Giuseppe Auteri che il penalista sarebbe stato ucciso da Francesco Arcuri. Fu un favore fatto a “chiddi i da supra (quelli di là sopra)”. Bonomolo non ha dubbi: si tratta dei mafiosi del mandamento di Pagliarelli.
Il boss, nel corso dell’interrogatorio del primo giugno scorso, conferma la ricostruzione dei pm Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli che si basa sulle dichiarazioni del pentito Francesco Chiarello, e che smentisce il racconto di un altro picciotto del Borgo Vecchio, Antonino Siragusa.
Autieri, che sta scontando una condanna per mafia, è già stato indagato per l’omicidio Fragalà sia nella prima che nella seconda indagine. Non sono stati trovati i riscontri necessari alle sole dichiarazioni di Chiarello che, la sera del pestaggio, lo piazza sotto lo studio legale in via Nicolò Turrisi, a due passi dal Tribunale. “Abbate e Auteri” erano “con l’Sh 300 di Francesco Arcuri…” e avrebbero fornito copertura al commando.
Bonomolo tira in ballo Auteri. Dice di averlo incontrato nel carcere Pagliarelli dove era stato trasferito per seguire un processo: “Siamo andati all’aria e ci dissi ‘ma Francesco (Arcuri) com’è combinato?’, dice ‘statti zitto ca cumminò un casino… aveva a essere solo una passata di colpi di legna invece l’ammazzò’. Un dialogo avvenuto nel 2013 quando venne fuori la notizia dei primi arresti per l’omicidio. Bonomolo avrebbe pure parlato con Arcuri: “L’ho incontrato pure al colloquio ad Arcuri. La guardia ci ha sgridato perché ci siamo messi da parte a parlare, mi ha dato un’ambasciata per Auteri, non è che gli sto dicendo fesserie, mi ha detto di ‘stare tranquillo, che non hanno niente’”. Forse Arcuri si riferiva alle indagini e, almeno in quella fase, se davvero pronunciò le parole riferite dal neo pentito, aveva colto nel segno. Sarebbero arrivate, infatti, prima le scarcerazioni e poi l’archiviazione. Nei mesi scorsi, i nuovi arresti.
Sempre Auteri si sarebbe accusato della partecipazione alle fasi preparatorie del delitto: “Mi scanto ora ca c’è un morto.. Io mu curavo solo con Francesco… se lo guardavano prima di fare ‘azione, se lo dovevano guardare dove andava, dove non andava, l’uscita”. Auteri avrebbe pedinato il povero penalista.
Le parole di Bonomolo confermerebbero anche il movente individuato dalla Procura. Nel periodo dell’omicidio Fragalà era impegnato nella difesa di Vincenzo Marchese e Salvatore Fiumefreddo, sotto processo con l’accusa di avere fatto da prestanome al capomafia di Pagliarelli, Nino Rotolo. Durante il dibattimento, in cui era imputato lo stesso Rotolo, i due indagati avevano reso delle confessioni. Gianni Nicchi, figlioccio del capomafia, in un pizzino sequestrato dai carabinieri del Nucleo investigativo, sfogava la sua rabbia contro Marchese, definendolo “indegno”.
Quattro giorni prima del pestaggio Fragalà aveva prodotto in udienza una lettera con cui la moglie di Rotolo si scusava con Marchese per i guai giudiziari provocati dal marito. Il capomafia ergastolano si era servito di lui per schermare i suoi beni. La donna se ne dispiaceva. Fragalà lesse alcuni passaggi della lettera in aula. E così la sua punizione sarebbe divenuta inevitabile.
E per confermare il ruolo di Pagliarelli, Bonomolo cita un personaggio, un Mister X, visto che il suo nome è coperto da un omissis: “(Auteri) mi risse che era una cortesia fatta a quelli di Pagliarelli… dottoressa Pagliarelli cade nel mandamento di Porta Nuova non è che potevano venire quattro e facevano una cosa così senza avvisare nessuno: Pagliarelli e Porta nuova sempre si sono fatti i favori… sa perché penso Pagliarelli perché mi ha detto lui che c’era… omisiss… Un personaggio “cognato” di un mafioso ed egli steso affiliato al clan. I killer bastonarono Fragalà con violenza inaudita. Quando, dopo alcuni giorni di agonia, il cuore del penalista smise di battere “chiddi i dda supra”, almeno così Bonomolo dice di avere saputo da Auteri, erano “arrabbiati”.