CATANIA – Un pentito dell’ultima ora potrebbe conoscere dettagli sull’omicidio dell’imprenditore Mario D’Angelo ammazzato il 10 giugno del 2001 nella sua azienda agricola. Le sue rivelazioni potrebbero portare importanti colpi di scena nel processo scaturito dal terzo capitolo dell’inchiesta Revenge, che nel 2009 portò dietro le sbarre diversi killer del clan Cappello-Carateddi. Il processo che si sta celebrando davanti alla Corte d’Appello di Catania è nato dall’annullamento con rinvio della Cassazione della sentenza di assoluzione dei tre imputati accusati dell’agguato di contrada Fiumazzo, in cui perse la vita proprio l’imprenditore catanese 17 anni fa.
Alla sbarra il sanguinario boss Sebastiano Lo Giudice, Vito Acquavite e Antonino Bonaccorsi. La Suprema Corte nelle sue motivazioni ha portato al centro della questione la valutazione fatta dai giudici catanesi di secondo grado sulle dichiarazioni rese da Gaetano Musumeci. Una valutazione che portò il 23 marzo del 2015 la Corte d’Appello, presieduta da Antonino Giurato, ad assolvere i tre imputati per l’omicidio D’Angelo. Un delitto – che secondo la ricostruzione dell’accusa – sarebbe scoppiato per un contrasto con l’imprenditore che gestiva un’azienda agricola confinante con quella della vittima. La sfortuna di D’Angelo sarebbe stata quella che il “vicino” aveva come parente il boss Domenico Privitera.
Avrebbe qualcosa da dire sull’omicidio il collaboratore di giustizia Salvuccio Bonaccorsi, figlio del boss (ora pentito) Concetto. Sulla richiesta della Procura Generale di sentire Bonaccorsi i tre difensori, gli avvocati Maria Caterina Caltabiano, Giovanna Aprile e Salvatore Pappalardo, si sono riservati di decidere nella prossima udienza dopo aver consultato i verbali del collaboratore.