CATANIA – Si chiude un cerchio lungo 18 anni. Si mette la parola fine alla storia di una madre che coraggiosamente e senza paura ha scardinato e smantellato ogni muro che la divideva dalla verità: i volti degli assassini di suo figlio Pierantonio Sandri. Il giovane odontotecnico di cui si persero le tracce a Niscemi il 3 settembre 1995, e i cui resti furono ritrovati nel bosco niscemese di contrada “Ulmo”, nel 2009.
Ninetta Burgio, morta nel 2011, oggi non potrà stringere le mani ai poliziotti della Squadra Mobile di Caltanissetta e ai magistrati della Dda di Catania che hanno identificato il quarto presunto killer di suoi figlio. Al mafioso Vincenzo Pisano, 36 anni, è stato notificato in carcere l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Catania. L’inchiesta è stata dedicata proprio alla professoressa che ha lottato soprattutto perché il nome di Pierantonio ritornasse pulito dopo che i mass media lo avevano etichettato come vittima di una lupara bianca e, quindi, coinvolto in qualche affare criminale. Il diciannovenne, invece, era stato ucciso solo perché aveva visto troppo: Pierantonio aveva assistito all’incendio di un’auto appiccato da un gruppo mafioso criminale.
Coinvolto nell’omicidio, secondo gli inquirenti, anche Marcello Campisi per cui è stata chiesta e ottenuta dal Gip la misura cautelare. Gli elementi che hanno portato a identificare Pisano come il quarto omicida sono stati portati lo scorso 8 febbraio dai pm nel corso dell’udienza davanti ai giudici della Corte d’Appello dove si celebra il processo a carico di un imputato (S.C. le iniziali) che era minorenne al tempo del delitto e che oggi ha 35 anni. Le indagini infatti hanno fatto emergere la totale estraneità della vittima all’ambiente mafioso. Nel corso dell’udienza sono stati ascoltati due importanti collaboratori di giustizia Antonino Pitrolo e Giuliano Chiavetta. Pitrolo ha raccontato di essere venuto a conoscenza del delitto da Salvatore Buzzone, conosciuto come “Turi cavulata”, che gli aveva confidato dicendogli che erano stati “i ragazzi di Alfredo”, ovvero il gruppo di giovani vicini a Alfredo Campisi. La Squadra mobile di Caltanissetta ha reso note le dichiarazioni di Pitrolo, che ha dichiarato di non conoscere Sandri e che il ragazzo “non c’entrava nulla con il clan che lui reggeva e con gli affari illeciti che gestiva”.
La svolta nell’inchiesta dell’omicidio Sandri avviene nel 2009, quando il collaboratore Giuliano Chiavetta si autoaccusa del delitto e ne rivela anche il movente: era testimone oculare di un atto incendiario fatto di notte da Salvatore Cancilleri. Sarà lo stesso Chiavetta a indicare con precisione alla squadra mobile il luogo esatto dove il 19 settembre 2009 saranno ritrovati i resti del cadavere di Pierantonio. Sarebbero quattro dunque le mani criminali che avrebbero ucciso il giovane Sandri: Vincenzo Pisano, Marcello Campisi, Salvatore Cancilleri (in attesa di giudizio) e il collaboratore di giustizia Giuliano Chiavetta, già condannato a 16 anni di reclusione. Ninetta Burgio, nel giorno del ritrovamento dei resti disse: “Per 14 anni ho scalato una montagna di dolore. Non sapevo dove fosse mio figlio, che cosa gli avessero fatto, ero circondata dal silenzio della città. Ma ora su quella montagna abbiamo piantato la bandiera della verità”. Oggi su quella bandiera alla verità è stata aggiunta la parola giustizia. .