Gare al massimo ribasso |Presentato il ddl sui call center - Live Sicilia

Gare al massimo ribasso |Presentato il ddl sui call center

Il disegno di legge è stato elaborato a conclusione dell’indagine conoscitiva sul settore voluta dalla Commissione Lavoro della Camera.

Damiano e Albanella
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CATANIA – Luisa Albanella e Cesare Damiano presentano il disegno di legge sui call center. Un settore che dà occupazione a più di 80000 persone, soprattutto giovani e donne meridionali, spesso bersaglio di “storture” di sistema che hanno nei tagli al costo del lavoro il loro centro nevralgico. Gare al massimo ribasso e delocalizzazioni sono termini che ridisegnano il lessico del mondo del lavoro al tempo dell’assenza di regole. Da qui nasce la proposta di legge del Partito Democratico che mira a tutelare i posti di lavoro e arginare gli spazi di manovra delle aziende che, dopo avere fruito di soldi pubblici, decidono di delocalizzare le attività all’estero. Il disegno di legge è stato elaborato a conclusione dell’indagine conoscitiva sul settore voluta dalla Commissione Lavoro della Camera.

L’indagine ha tentato di fare chiarezza sulle tipologie contrattuali utilizzate nel comparto, gli ammortizzatori sociali, la garanzia negli appalti aggiudicati con il criterio del massimo ribasso con l’esclusione delle spese connesse al costo del personale e della sicurezza sul lavoro, i processi di delocalizzazione verso paesi extraeuropei e la tutela dei lavoratori in caso di cambio di appalto e successione tra aziende. L’esecutivo nazionale, sulla scorta dell’indagine, ha deciso di avviare un tavolo sul settore con istituzioni territoriali, rappresentanti delle imprese e dei lavoratori.

La Commissione, inoltre, ha interloquito in sede di audizione, con il garante per la protezione dei dati personali, un passaggio indispensabile alla luce dei fenomeni di delocalizzazione verso paesi che non prevedono le stesse norme in tema di tutela della privacy. E’ stata, inoltre, focalizzata l’attenzione sui fenomeni di dumping sociale strettamente connessi a misure di taglio del costo del lavoro e dell’uso “opportunistico degli incentivi che hanno determinato sempre più spesso il trasferimento delle attività all’estero”. Ci sono poi tutti i problemi connessi alle gare d’appalto e alla corsa ai contenimenti dei costi da parte delle aziende committenti e il “criterio del massimo ribasso nelle procedure di aggiudicazione”.

“Vogliamo sostituire questo criterio con quello dell’offerta economica più vantaggiosa”, spiega la parlamentare Luisa Albanella (prima firmataria del disegno di legge, sottoscritto, tra gli altri, dal deputato etneo Giuseppe Berretta). Una misura che dovrebbe indirizzare la domanda verso le aziende che investono sulle tecnologie e sulla formazione del personale. Il disegno di legge istituisce un Osservatorio nazionale sui call center (costituito da rappresentanti del ministero del Lavoro, dell’Economia e rappresentanti di datori di lavoro, lavoratori e consumatori) “per analizzare e valutare l’evoluzione, tecnica, economica e normativa del settore, anche in riferimento al fenomeno delle delocalizzazioni, istituendo altresì il registro delle società che svolgono attività di call center”. Il registro serve quindi per vincolare aziende e amministrazioni pubbliche a stipulare contratti con le imprese iscritte al registro. Il disegno di legge interviene sull’articolo 24-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n.83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n.134) .

La modifica impone alle aziende che hanno fruito di benefici e che delocalizzano all’estero di restituire “quanto percepito negli ultimi cinque anni, maggiorato degli interessi legali”. L’articolo 3 del ddl è relativo agli appalti pubblici per i servizi di call center. “Ai fini della valutazione delle offerte relative allo svolgimento dei servizi di call center, le amministrazioni pubbliche applicano il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa previsto dall’articolo 83 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, serviti e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, al netto delle spese relative al costo del personale, determinato ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 82 del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e successive modificazioni, e delle spese relative alla sicurezza nel luoghi di lavoro”, si legge nel testo. L’ultimo articolo, infine, mira a tutelare l’occupazione in caso di successione di ditte negli appalti, obbligando l’appaltatore subentrante ad assumere i lavoratori già occupati nell’appalto e a risarcire gli ex dipendenti in caso di inadempimento.

Nel Pd, dunque, si torna a parlare di lavoro, tasto dolente e motivo di divisione. Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro ed esponente della sinistra piddina dice nero su bianco che non abbandonerà il suo partito. “Se nel Pd questi temi non avessero cittadinanza lascerei il partito avendo passato la mia vita a lottare per i diritti e per il lavoro”, dice Damiano che prova a spiegare il nocciolo della trasformazione dell’analisi. “Noi avevamo un vecchio paradigma che tutelava molto nel posto di lavoro, il governo ha voluto innovare quel paradigma volendo tutelare meno sul posto di lavoro e di più sul mercato del lavoro”, argomenta.

L’ex Ministro, che pure non ha creato strappi votando insieme alla maggioranza del suo partito, sottolinea, però, alcuni limiti delle nuove regole della riforma del mercato del lavoro. “Dobbiamo fare in modo che contratto a tutele crescenti abbia incentivi non solo per quest’anno, perché altrimenti sarebbe “metadone di Stato, gli ammortizzatori sociali devono durare di più (almeno 24 mesi) e nel 2017 non possiamo tornare a 18 mesi”. Inoltre bisognerebbe ragionare seriamente sulle “partite Iva autentiche, che non possono pagare i contributi previdenziali al 33% come i dipendenti della Fiat”.

Luisa Albanella, che pure ha votato con la maggioranza del suo partito, riconosce tuttavia le “distorsioni” derivanti dalle regole che prevedono la concessione dell’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato; infatti, non possono accedere al beneficio le aziende che assumono lavoratori già impiegati a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti. Questo, nell’ambito degli appalti di servizi, determinerebbe uno svantaggio concorrenziale per le aziende che impiegano lavoratori che hanno un costo del lavoro maggiore. Il rischio è che possa tradursi in un incentivo alla sostituzione dei lavoratori e non nella creazione di nuovi posti di lavoro.

 


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