“Io Capitano”. Leone d’argento a Venezia e premio Marcello Mastroianni al giovane attore e protagonista esordiente, Seydou Sarr, candidato dell’Italia all’Oscar al miglior film. Un viaggio interiore e di avventura dentro l’Africa, per poi raggiungere l’Europa, il “Paese dei balocchi”. A colloquio col regista Matteo Garrone a Palermo nell’ambito di “Cinema per la scuola”, ai Cantieri culturali alla Zisa.
Educare i giovani al cinema anche nelle scuole
Il cinema è una forma d’arte che ha un legame diretto con i giovani, comprende tante arti quali la letteratura, la musica, la storia e riesce ad arrivare ai giovani con un linguaggio diretto. Penso che quello di educare i giovani all’immagine e alla storia del cinema sia un percorso obbligato nelle scuole.
“Io Capitano” è un film dalla cruda realtà e di solidarietà, dunque un invito a essere umani…
È un romanzo di formazione, un ragazzo che parte ragazzo e arriva uomo. E, durante questo viaggio, è costretto ad affrontare gli orrori della vita, la violenza del mondo e nonostante subisca violenze di tutti i tipi, tuttavia, riesce a non perdere mai la sua generosità e umanità.
Un film che ti fa fare un viaggio e che entra in un rapporto intimo con il protagonista.
È una storia che ti fa vivere un’esperienza al di là della conoscenza e dell’informazione, che ti permette di entrare nel rapporto profondo del personaggio Seydou, come la responsabilità e il senso di compassione verso il prossimo.
Dunque, un film di formazione e onirico
Una narrazione a tratti onirica per descrivere interiormente i traumi dell’anima dei due giovani protagonisti senegalesi, Seydou e Moussa, che lascia anche un barlume di speranza e di luce al mondo di domani.
È il tema dei nostri giorni, delicato da trattare con verità.
È un tema che racconta di un’ingiustizia legata a dei giovani che, per inseguire i propri sogni, conoscere il mondo e viaggiare, rischiano la loro vita a differenza di altri che possono muoversi liberamente. È questa l’ingiustizia.
Qual è il suo rapporto da regista con la politica?
Io faccio il regista. Ho iniziato a girare questo film tre anni fa e dunque non nasce né con un governo, né con un altro. La cosa più importante è che si deve mettere ordine, regolarizzare i visti e non permettere a nessuno di rischiare la vita.
Agli Oscar lei rappresenta l’Italia, ma soprattutto una dura realtà…
L’opera è aperta, non lancia un messaggio. È il viaggio epico di due ragazzi che inseguono i loro sogni contro un sistema ingiusto e ognuno può trarre le proprie considerazioni. Si dovrebbe dare la possibilità a tutti di muoversi liberamente e soprattutto poter tornare indietro se occorre. Non dobbiamo dimenticare che molte persone, una volta arrivati in Italia vorrebbero rientrare nel proprio Paese ma, una volta arrivati, non possono tornare più. La pellicola a dicembre uscirà in Senegal e poi in altri Paesi dell’Africa nella speranza che questo viaggio continui e vada più lontano possibile.