Giustizia tributaria, una riforma indispensabile per l'Italia - Live Sicilia

Giustizia tributaria, una riforma indispensabile per l’Italia

In ballo c'è il Pnrr

Con un comunicato stampa del 9 agosto scorso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato la definitiva approvazione della riforma della giustizia e del processo tributario avviata con la presentazione da parte del governo di un disegno di legge, per iniziativa dei ministri dell’Economia, Daniele Franco, e della Giustizia, Marta Cartabia.

Una riforma non solo a lungo attesa, ma oggi più che mai indispensabile al fine di potere rispettare le scadenze del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Si tratta di una riforma che ha la priorità rispetto alla più generale riforma fiscale. Come già detto, infatti, la riforma del contenzioso tributario, è uno dei punti fondamentali sul quale si poggia il PNRR e la cui realizzazione, pertanto, è condizione per il pagamento della prossima tranche del contributo europeo.

1) Modificato il limite di età per i Giudici tributari i quali cesseranno dal servizio dal 1^ gennaio 2023 se hanno compiuto 74 anni nel 2022 o li compiranno nel corso del 2023; dal 1^ gennaio 2024 se hanno compiuto 73 anni nel 2023: dal 1^ gennaio 2025 se hanno compiuto 72 anni nel 2024; e dal 1 gennaio 2026 se hanno compito 71 anni nel 2025.

2) Le Commissione Tributarie cambiano nome. Diventano “Corte di Giustizia Tributaria di Primo grado” e Corte di Giustizia Tributaria di Secondo grado”.

3) La Giurisdizione tributaria non è più esercitata dagli attuali Giudici Tributari, togati e laici (entrambi vincitori – comunque – di un apposito concorso pubblico per titoli). Sarà esercitata, previo un apposito tirocinio, da “Magistrati Tributari”, reclutati attraverso un concorso pubblico al quale potranno partecipare sia i laureati in giurisprudenza che i laureati in Economa, nonché da “Giudici Tributari”, quelli attualmente in servizio, i quali transiteranno in un apposito “ruolo unico”.

Per i Giudici tributari, iscritti nel ruolo unico, privi di qualunque trattamento pensionistico e con almeno sei anni di anzianità, viene prevista una riserva di posti nella misura del 30%.

Per non più di 100 magistrati “togati” (cinquanta magistrati ordinari ed altri cinquanta appartenenti alle altre magistrature), non collocati in quiescenza, di età non superiore a sessanta anni e con almeno cinque anni di anzianità, è

prevista la possibilità di transitare direttamente tra i “Magistrati tributari”, senza necessità del concorso, per svolgere l’attività a tempo pieno.

4) Il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, nel quale viene ora istituito un apposito “Ufficio ispettivo” può formulare note di demerito nei confronti di magistrati o giudici tributari.

5) Per i Magistrati tributari è previsto il trattamento economico dei magistrati ordinari. Per i Giudici tributari i compensi sono determinati in base all’anzianità di servizio.

6) Prevista una speciale agevolazione per i contribuenti che hanno ottenuto il “massimo dei voti” negli ultimi tre anni come “indice sintetico di affidabilità fiscale”. In questo caso, nell’ ipotesi di ricorso, proprio grazie alla loro maggiore “affidabilità”, avrebbero la possibilità di ottenere in modo più semplice (senza bisogno della garanzia) la “sospensione” dell’atto impugnato.

7) Prevista presso la Corte di Cassazione una sezione speciale per le controversie in materia tributaria. Il Presidente della Cassazione, inoltre, può adottare provvedimenti volti stabilire gli orientamenti di legittimità al fine di consentire una migliore definizione delle controversie di carattere tributario.

8) Le controversie in primo grado, di valore non superiore a 3.000 Euro, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado giudica in composizione monocratica.

9) E’ ammessa la prova testimoniale, ma solo per iscritto, secondo le disposizioni di cui all’articolo 257-bis del codice di procedura civile. Nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale.

10) Qualora una delle parti ovvero il giudice abbia formulato una proposta conciliativa, non accettata dall’altra parte senza giustificato motivo, restano a carico di quest’ultima le spese del giudizio maggiorate del 50 per cento, ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata.

11) In caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione, la soccombenza di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, comporta, per laparte

soccombente, la condanna al pagamento delle relative spese di giudizio. Tale condanna può rilevare ai fini dell’eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che ha immotivatamente rigettato il reclamo o non accolto la proposta di mediazione.

12) Altra novità quella dello sfoltimento del grosso arretrato presso la Corte di Cassazione. E’ prevista una sorta di definizione agevolata delle controversie pendenti presso la Cassazione alla data del 15 luglio 2022, col pagamento, da parte del contribuente, del 5% per le controversie, di valore non superiore a 100.000 Euro, per le quali l’Amministrazione Finanziaria è risultata soccombente in primo e secondo grado; e del 20% per le controversie, di valore non superiore a 50.000 Euro, per le quali l’Amministrazione Finanziaria è risultata soccombente in tutti o in uno solo dei gradi giudizi di merito. Uno “sfoltimento”, quest’ultimo, che dovrebbe dimezzare l’arretrato delle controversie tributarie giacenti in Cassazione.

13) Modificato l’articolo 7 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, riguardante i poteri delle Commissioni Tributarie, con l’aggiunzione, dopo il comma 5 del comma 5-bis. Tale nuova disposizione prevede che l’amministrazione deve provare in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato e che Il giudice deve fondare la sua decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio, annullando l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni.

Alcune considerazioni sulla nuova normativa.

Se da un lato c’è stato un leggero potenziamento, anche di natura contabile, del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, l’Organo di autogoverno dei giudici tributari, poco o niente si è fatto per limitare l’attuale dipendenza logistica dei magistrati tributari dal MEF il quale, come è noto, attualmente, oltre a curare la gestione amministrativa delle Commissioni, eroga i compensi (attualmente modestissimi) che la legge prevede per il lavoro dei giudici.

Una questione che da tantissimo tempo è all’attenzione degli addetti ai lavori, politici e non, visto che tale “dipendenza”, seppure solo di natura amministrativa, ha sempre generato e purtroppo continua ancora a generare il sospetto della mancanza di terzietà dei giudici tributari, stante che la maggior parte delle controversie vede come parte interessata l’Amministrazione Finanziaria. Sospetto, fortunatamente infondato, stante la grande professionalità dimostrata dai Giudici delle Commissione Tributarie. Ma, come si sa bene, non basta che il giudice sia “terzo ed imparziale”, occorre anche che gli altri lo vedano tale.

Attenuato l’effetto della riduzione del limite di età per l’esercizio della funzione giurisdizionale tributaria. Il limite viene fissato a 70 anni, ma per i Giudici attualmente in servizio è previsto un “decalage” che fa cessare dal servizio sin dal prossimo 31 dicembre 2022 i giudici che quest’anno hanno compiuto i 74 anni, riducendo di un anno la data di scadenza del “pensionamento” fino al 2025. Nel 2026, pertanto, nessun giudice potrà superare l’età di 70 anni. In merito si osserva che, se in linea di principio potrebbe essere condivisibile il principio di equiparare l’età del “pensionamento” dei giudici togati a quelli tributari, dall’altro una così veloce riduzione di personale giudicante potrebbe comportare grossi problemi ai fini del corretto e veloce svolgimento dell’attività giurisdizionale tributaria. Uno svuotamento dei collegi in modo così veloce, infatti, potrebbe addirittura ottenere l’effetto contrario a quello auspicato, facendo aumentare l’arretrato esistente. Vale la pena ricordare che, applicando le nuove regole, secondo la rilevazione dell’Associazione Nazionale Magistrati Tributari, nel giro di quattro anni il numero attuale dei 2.500 giudici sarà di soli 1. 238, la metà.

E’ stato modificato il nome delle attuali Commissioni Tributarie le quali diventano Corti di Giustizia Tributaria di primo e di secondo grado. Forse sarebbe stato meglio definirle così come prevedeva la vecchia formulazione del disegno di legge, ossia Tribunali tributari e Corti d’appello tributarie.

Sulla nuova formulazione dei giudici delle Corti di Giustizia Tributaria, si registra la netta separazione tra i giudici “togati”, quelli che provengono dalla magistratura ordinaria, contabile, amministrativa e militare, dagli altri i quali, invece, senza essere “togati”, hanno svolto fino ad ora le stesse funzioni degli altri giudici, con lo stesso impegno degli altri, nonostante il modestissimo trattamento economico, ed una uguale professionalità. Una professionalità la quale, talvolta, è risultata addirittura arricchita dalle competenze di diritto tributario o da quelle di natura contabile

specifiche dei giudici di provenienza rispettivamente dell’Amministrazione finanziaria o dell’ordine dei Commercialisti. Una separazione, che addirittura obbliga gli attuali giudici non togati a partecipare ad un difficilissimo concorso pubblico per potere acquisire la stessa dignità degli altri Colleghi appartenenti alla magistratura ordinaria.

Positiva la previsione di sanzioni in caso di mancato accoglimento delle proposte conciliative che, dopo il giudizio, sono risultate valide. Addirittura prevista una responsabilità amministrativa per il funzionario dell’Amministrazione finanziaria che porta avanti una controversia la quale si conclude con la soccombenza del fisco nonostante la proposta conciliativa dell’altra parte.

Nulla, però, è stato fatto al fine di affidare la “mediazione/reclamo” ad un soggetto diverso dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha emesso l’avviso di accertamento. Anche in questo caso, infatti, resta sempre il sospetto che l’Amministrazione finanziaria sia sempre restia a modificare il proprio operato, riducendo adeguatamente la pretesa fiscale originaria.

Potrebbe essere positiva, se correttamente interpretata ed applicata, anche la nuova disposizione riguardante i poteri delle nuove Corti di Giustizia tributaria, laddove si precisa che Il giudice deve fondare la sua decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio, annullando l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o insufficiente, oppure non coerente con la normativa tributaria sostanziale.

Insomma, una normativa che avrebbe potuto essere concepita meglio, se la fretta di giungere all’obiettivo imposto dal PNRR non avesse reso necessarie queste tappe forzate.

Una normativa, comunque, che certamente non ha premiato i vecchi giudici tributari, quelli che, dopo avere superato un concorso per titoli molto selettivo, che ne ha messo in luce certamente la professionalità posseduta (a prescindere dall’essere “togato” o meno), sin dall’introduzione dei decreti legislativi 545 e 546 del 31 dicembre 1992, hanno esercitato con il massimo dell’impegno, nonostante l’irrisorietà dei compensi, la funzione giurisdizionale tributaria, una funzione estremamente importante per assicurare la giustizia fiscale che costituisce, nel nostro Paese, un tassello importantissimo non solo per motivi carattere sociale, ma anche per motivi economici.

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