Gli antichi libri ci raccontano che un tale Pammacchio, nobile senatore di Roma vissuto nel IV secolo, alla morte della moglie Paolina raccolse una moltitudine di poveri romani nella Basilica di San Pietro e offrì loro un grande pranzo, ricco di ogni prelibatezza dell’epoca, “…. tutti furono subito saziati di cibo copioso”, sono le testuali parole che narrano di quell’insolito evento.
Circa 16 secoli dopo, il 25 dicembre del 1982, un gruppo di barboni e di anziani soli, furono ospitati dentro la basilica di Santa Maria in Trastevere per un pranzo di festa all’ombra dei meravigliosi mosaici che impreziosiscono la basilica romana. Era l’inizio di una nuova tradizione che in pochi anni si sarebbe diffusa in tutti i luoghi del mondo dove la Comunità di Sant’Egidio è presente: il Pranzo di Natale con i poveri.
Le immagini delle tavole imbandite dentro le chiese sono diventate le icone più diffuse e conosciute di S.Egidio nel mondo. Sono immagini che raccontano storie di tanti uomini e donne, uniti in un unico abbraccio festoso che fa il giro di tutti i continenti. Qualcuno sostiene che rappresentano le vere immagini del Natale, presepi viventi dei nostri giorni con un grande valore educativo per le nostre società occidentali.
Quando – qualche anno fa – sono andato con i miei amici palermitani di Sant’Egidio a chiedere il permesso di utilizzare la Chiesa di S.Lucia per un pranzo con i poveri anche qui a Palermo, la prima risposta (in realtà una domanda un po’tranita) che ricevetti fu: “M queste cose si possono fare dentro una chiesa?”. La domanda, forse un po’ ingenua, ci fece riflettere. I poveri sono davvero distanti dai nostri pensieri quotidiani.
Ho dovuto documentare quanto ho raccontato all’inizio per poter vincere quella prima, e per fortuna unica, diffidenza. E così dal 2001 questa bella e antica tradizione è entrata a far parte anche delle storie natalizie di questa città.
Pietro lo incontravamo spesso per strada, finito dall’alcool. Una vita devastata dal vino e ingentilita da un figlio di tre anni che trattava con dolcezza. Alla fine di un pranzo di qualche anno fa ha voluto a tutti i costi aiutarci a smontare tutto, togliere tavoli e sedie per rimettere al loro posto banchi e inginocchiatoi. All’inizio credevo che questo fosse un intralcio al lavoro accuratamente organizzato dei volontari. Ma Pietro insistette: “Voi siete la mia famiglia e questa è la mia casa, quindi anch’io devo pulire e rimettere in ordine”.
Aveva ragione lui, come dargli torto. La chiesa è la vera casa dei poveri. Dopo qualche settimana Pietro perse la sua battaglia con il vino che giorno dopo giorno aveva demolito il suo fegato. Il suo ultimo Natale fu un Natale vissuto in famiglia. Organizzammo il suo funerale, la sua ultima festa. Forse quella di Pietro non è proprio una storia natalizia, di quelle con il lieto fine che ci emoziona. La morte non è mai un lieto fine. Ma la storia di Pietro – nella sua drammaticità – ci ha insegnato che esiste, ed è concreto, un senso universale della famiglia umana che è la vera soluzione ai tanti problemi di questo mondo.
Avvertire l’esistenza di un destino comune che ci unisce tutti, ricchi e poveri, italiani e stranieri, bambini ed anziani. Ecco il vero senso – profondo – di fare una festa con i poveri nel giorno del Natale. E non è solo un fatto religioso, del quale – tra l’altro – io sono assolutamente convinto, (fare festa con i poveri dentro una chiesa il giorno di Natale è un fatto liturgico), ma si tratta anche di un vero atto di giustizia laica. Il forte che si prende cura del debole, il ricco che nel giorno della festa condivide il suo lauto banchetto con chi ricco non è, lo straniero che si sente a casa sua.
E quando alla fine del pranzo una squadra di Babbi Natale, accuratamente allenata, fa il suo ingresso tra applausi e cori da curva nord, e tutti ricevono un dono con tanto di bigliettino d’auguri personalizzato, la festa diventa l’espressione visibile della gioia.
Qualche Natale fa uno straniero, dalla pelle di un altro colore, dopo aver aperto il suo pacco e aver letto il suo nome scritto sul bigliettino ci ha detto: questo è il regalo del mio Dio, in questo paese solo Lui conosce il mio nome (.. e i suoi amici di Sant’Egidio).
Buon Natale a tutti.
di Lorenzo Messina
*Renzo Messina coordina la Comunità di Sant’Egidio a Palermo. La Comunità offre amore e assistenza con incessante abnegazione. Il racconto è una testimonianza di questo cammino