Sonia Alfano “superstar” in senso mediatico. Sul celebre blog del “Fatto” torna sulla questione dei figli dei boss, uscita a proposito dei beni confiscati e rinfocolata da successivi interventi. Una replica a una replica (del legale di Provenzano, (ndr). Ora l’onorevole Alfano scrive: “La mia lettera non era scritta da parlamentare europeo, ma da figlia di una vittima innocente della mafia e non chiedeva l’impiccagione per i figli dei mafiosi ma un minimo di rispetto. (…) In realtà la cittadina italiana che ha subito violenza sono io e siamo noi, razza detestata degli “orfani piangenti”. Io, noi, e non lei o Roberta Bontate, ho subito la violenza dei suoi assistiti e dei loro sodali che hanno assassinato mio padre, come molti altri padri. La storia (e non io) dice che la Sicilia non è abbastanza grande per ospitare gente come i suoi assistiti e gente come le vittime di mafia, e lei sa bene che a pagare sono sempre stati i giusti. Ora basta, mettere i puntini sulle “i” diventa un dovere morale”.
La lettera continua: “Mai detto che i figli debbano pagare per le colpe dei padri mafiosi. Quello che pretendo, sì, stavolta lo pretendo, è che non salgano in cattedra a dare lezioni se non prima di aver rinnegato non il padre, attenzione, ma la mafiosità dei padri, degli zii e dei fratelli. Dov’è lo scandalo, l’imbarbarimento, l’accanimento? Mi creda, nessuno più di un familiare di una vittima innocente della mafia può sapere cosa siano l’isolamento e l’etichettamento in una società in costante declino come quella siciliana; il diritto a vivere una vita dignitosa appartiene a me come alla signora Bontate. A dar fastidio è stato il suo orgoglioso salto sul pulpito. Un pulpito che noi, familiari delle vittime innocenti della mafia, non abbiamo mai preteso. Io, avvocato, sono andata a trovare Bernardo Provenzano in carcere, e direttamente da lui ho avuto rassicurazioni: “Sto bene, non mi manca niente”. Se non manca niente a lui che vive in regime di 41bis, si figuri ai suoi figli”.