CATANIA. È attenta e analitica la ricostruzione delle ultime ore di vita di Massimo Pappalardo, il 32enne di Valverde ucciso brutalmente poco più di due anni fa a Paternò. A descrivere in aula la serrata attività investigativa, davanti alla Corte d’Assise di Catania, su richiesta del pubblico ministero Andrea Norzi, è il capitano dell’Arma Martino Della Corte, all’epoca dei fatti comandante dell’Aliquota Operativa dei Carabinieri della Compagnia di Paternò.
È il segnale gps della Toyota Aygo a condurre gli investigatori in quel burrone di Contrada Poggio Monaco, dove l’auto del 32enne viene trovata carbonizzata. Sul tappetino anteriore del lato passeggero, in posizione rannicchiata, vengono trovati i resti del suo corpo, reso irriconoscibile dalle fiamme. Gli accertamenti sulla vita privata della vittima e sui suoi spostamenti la notte dell’8 marzo 2015, nelle ore di poco precedenti alla sua morte, conducono gli inquirenti ad Ignazio Sciurello, pregiudicato paternese, imputato per l’omicidio insieme a Massimo Distefano. Alla sbarra anche Giuseppe Sciurello, accusato insieme ai due di distruzione di cadavere e di favoreggiamento. Di quest’ultima accusa risponde anche Antonello Claudio Cosentino, che avrebbe fornito al pm risposte ambigue e reticenti.
I dati del localizzatore satellitare della vettura di Pappalardo vengono incrociati con le immagini registrate dalle telecamere di scuole, attività commerciali e abitazioni private, lungo il tragitto compiuto dall’auto. I carabinieri acquisiscono a tappeto tutti i nastri degli impianti di video sorveglianza. Un’attività scrupolosa che consente di individuare una Fiat Punto bianca, con a bordo Massimo Distefano ed Antonello Claudio Cosentino, che viene vista seguire la Toyota Aygo sin dal momento in cui la vittima lascia a casa la compagna, ex amante di Ignazio Sciurello. Dall’analisi dei tabulati telefonici emergono tentativi di contatti frenetici tra l’imputato e la donna. Per l’accusa è lei il movente dell’omicidio. Sciurello, denunciato in passato anche per atti persecutori, non avrebbe mai accettato la conclusione di quella relazione.
Un altro tassello decisivo per le indagini è la sosta, lunga ben 24 minuti, della vettura della vittima sotto casa di Ignazio Sciurello. Da lì l’auto raggiunge un piazzale, il luogo in cui sarebbe stata compiuta l’esecuzione. A completare il puzzle ci sarebbe anche l’analisi delle celle telefoniche, che certificherebbe il passaggio degli imputati negli stessi luoghi in cui quella notte si sarebbe spostata l’auto della vittima. Il 12 giugno si proseguirà con il controesame del capitano Della Corte.