Scoppia la polemica tra il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso e il giornale Il Fatto Quotidiano. Ad innescare la miccia è stato l’articolo, a firma di Marco Travaglio, dal titolo “Il suicidio Mattarella” in cui il giornalista, commentando le celebrazioni per il 31° anniversario dell’assassinio del presidente della Regione, rievoca la sentenza di assoluzione, confermata dalla Cassazione, emessa nei confronti del senatore Andreotti. Sulla vicenda Mattarella in particolare, la sentenza afferma che il senatore “non si è mosso secondo logiche istituzionali, che potevano suggerirgli di respingere la minaccia all’incolumità del presidente della Regione facendo in modo che intervenissero per tutelarlo gli organi preposti e, per altro verso, allontanandosi definitivamente dai mafiosi, anche denunciando a chi di dovere le loro identità e i loro disegni…”.
A questo punto Travaglio si interroga: “E’ improbabile che Grasso non conosca questa sentenza, ed è offensivo pensare che non ne parli perché, da procuratore di Palermo, lasciò soli i suoi pm rifiutando di firmare l’appello contro l’assoluzione di Andreotti in primo grado. E allora vien da domandarsi perché non la citi mai nessuno. Forse perché fare nomi non conviene?”.
La parola quindi passa a Pietro Grasso che oggi, in una dura lettera inviata al giornale diretto da Antonio Padellaro, dichiarandosi “sconcertato” dall’articolo di ieri, scrive: “Tale affermazione (“lasciai soli i miei pm, rifiutando di firmare l’appello contro l’assoluzione di Andreotti in primo grado” n.d.r.), mi attribuisce una motivazione non solo non espressa, di cui il giornalista inopinatamente si fa interprete, ma serve da pretesto per introdurre due fatti non veri, comunque ingenerosi e lesivi del prestigio di un capo dell’ufficio, che si è sempre assunto le responsabilità delle proprie scelte”.
Quindi il procuratore nazionale antimafia ricorda come coerentemente col suo ruolo, appena attribuitogli dal CSM dopo il trasferimento del suo predecessore alla dirczione del DAP, si sia schierato accanto ai sostituti che avevano condotto l’accusa al dibattimento, presenziando alla lettura del dispositivo di primo grado.
Rispondendo direttamente a Travaglio, poi, Grasso aggiunge: “L’articolista, attento lettore di atti processuali, avrà modo di riscontrare (nel caso in cui non ne fosse a conoscenza, non avendo la presunzione che conosca le mie ripetute dichiarazioni o pubblicazioni sul punto), dagli stessi pm del processo potrà apprendere che come persona informata dei fatti sono stato sentito, nella qualità di giudice ‘a latere’ del maxiprocesso, sia in istruttoria che in dibattimento e che il rispetto delle regole procedurali impone in tali casi l’astensione da atti che possano determinare eventuali incompatibilità nei successivi gradi di giudizio”.