Nunzia Graviano e i picciotti | Stangata per il clan di Brancaccio - Live Sicilia

Nunzia Graviano e i picciotti | Stangata per il clan di Brancaccio

Il Palazzo di giustizia di Palermo

Nell'elenco dei condannati in appello c'è l'intero organigramma di quella che gli investigatori avevano definito la nuova mafia del mandamento di Brancaccio. Un mandamento retto, sempre e comunque, dai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. Ci sono quattro assolti: Michelangelo Bruno, Pietro Arduino, Salvatore Perlongo e Armando Porretto

PALERMO - PROCESSO D'APPELLO
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PALERMO – C’è Nunzia, la picciridda della famiglia Graviano, e i triumviri di Brancaccio. Ci sono i fiancheggiatori dei boss e i picciotti delle estorsioni. Nell’elenco dei condannati in appello c’è l’intero organigramma di quella che gli investigatori avevano definito la nuova mafia del mandamento. Un mandamento retto, sempre e comunque, dai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano.

Arrivano degli sconti di pena, ma regge l’impianto accusatorio della Procura. Tra i condannati ci sono pure Giuseppe Arduino (10 anni contro i 16 del primo grado), indicato come il reggente del clan per conto degli storici capimafia. Arduino, ufficialmente portiere d’albergo, si sarebbe affidato ad un triunvirato composto da Antonino Sacco, Giuseppe Faraone e Cesare Lupo. I primi due sono stati condannati oggi dalla prima sezione della Corte d’appello presieduta da Gianfranco Garofalo. Lupo viene giudicato in un altro processo.

Erano ancora i fratelli Graviano, capimafia dell’ala stragista di Cosa nostra, nonostante il 41 bis, dissero gli investigatori, a reggere le sorti di Brancaccio. Filippo e Giuseppe avrebbero coinvolto la sorella Nunzia tornata in libertà dopo avere scontato una condanna per mafia. Nunzia, soprannominata la picciridda, si era trasferita a Roma, dove gestiva un bar. Viveva in un bell’appartamento ai Parioli. Ed è qui che fu arrestata nel 2011 dagli agenti della Sezione criminalità organizzata della Squadra mobile di Palermo coordinati dall’allora procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dai sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli. Secondo gli investigatori, sarebbe stata lei il terminale delle estorsioni. Il collaboratore di giustizia Fabio Tranchina così descrisse la scalata al potere della donna quarantaseienne: “Nunzia mi disse ‘da questo momento in poi ci sono io a valere nella nostra zona, ti raccomando questo discorso tienilo chiuso’, e mi fece un segno con le mani come di tenermi chiuso”.

Questo l’elenco completo degli imputati e le rispettive condanne: Antonino Sacco (15 anni 4 mesi contro i 16 del primo grado), Giuseppe Arduino (10 anni, ne aveva avuto 16), Antonino Caserta (11 anni e 4 mesi contro i 12 anni del primo giudizio), Matteo Scrima (8 anni), Girolamo Celesia (9 anni e 9 mesi, ne aveva avuto 10 anni e otto mesi), Pietro Asaro (8 anni, quattro in meno del primo grado), Nunzia Graviano (tre anni in continuazione con una precedente condanna), Marcello Filippo Tutino (8 anni e 8 mesi, in primo grado gli erano stati inflitti 10 anni e otto mesi), Giuseppe Faraone (9 anni e 4 mesi contro i 10 anni di primo grado), Antonino Mistretta (4 anni contro i 6 del giudizio di primo grado), Antonino Lauricella (4 anni e messo, di anni di carcere ne aveva avuti 8), Salvatore Conigliaro (5 anni contro gli 8 del primo grado), Christian Divano (2 anni, la metà del primo grado), Giovanni Arduino (tre anni, uno in meno del primo grado), Salvatore Corrao (due anni, contro i 4 anni del giudizio in Tribunale), Benedetto Graviano (4 anni).

Gli unici quattro nuovi assolti sono Michelangelo Bruno (aveva avuto quattro anni in primo grado, ma è stato totalmente scagionato da ogni accusa ed esce pulito dal processo d’appello), Pietro Arduino (aveva avuto 8 anni), Salvatore Perlongo (era stato condannato a 4 anni) e Armando Porretto (condannato in primo grado a 6 anni). Erano difesi dagli avvocati Domenico Trinceri, Filippo Gallina, Miria Rizzo, Dario Gallo e Ugo Castagna.


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