Guardì, il cuore sempre in Sicilia: "Voglio farmi ancora i fatti vostri"

Guardì, il cuore è sempre in Sicilia: “Voglio farmi ancora i fatti vostri”

Il popolare autore e regista rai si racconta
IL PERSONAGGIO
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Non perde mai di vista il suo baricentro, la Sicilia. Michele Guardì, pluripremiato autore e regista della trasmissione televisiva più longeva della Rai, “I fatti vostri”, in onda tutti i giorni da 33 anni, guarda sempre, così dice, il bicchiere mezzo pieno. La sua lunga carriera, i successi, non l’hanno mai scalfito. Non se la tira, eppure potrebbe. Ha una grande prerogativa, mantenere il suo equilibrato personaggio dentro i ranghi, senza mai ostentare o pontificare. E’ rimasto come era, il cronista del quotidiano “La Sicilia” che riesce a ritagliarsi il suo spazio, fuori dalla sua isola, ed arriva a conquistare le vette della popolarità. Tanta gavetta, ma anche un pizzico di fortuna che, secondo Guardì, nella vita aiuta sempre a trovare la strada giusta.

Maestro, la posso chiamare così?

“Preferisco santità.”

Cominciamo bene.

“Macchè, chiamami Michele.”

Perfetto. Di lei hanno scritto tutti e tutto. Alla sua età, 80 anni compiuti, con la sua esperienza, c’è solo l’imbarazzo della scelta della prima domanda da farle. Magari vuole dirmi come vede la Sicilia?

“ Per me l’isola è come una parte del mondo, con i suoi colori e le sue ombre, con i suoi alti e i suoi bassi.”

Di certo il momento che viviamo è problematico, disoccupazione, crisi, le famiglie in difficoltà. Lei avrebbe una ricetta per risollevare le sorti dell’isola?

“Per carità. Io non amo i saggi, i detentori della verità. Le dico che il mio sguardo è sempre rivolto al positivo. Vedo noi, i nostri territori in una dimensione di grande respiro. Vuole sapere come la penso dei siciliani?

Certo.

“Siamo un popolo di serie A, senza ombra di smentita. Forse lo Stato ci guarda, o meglio ci tratta, come se fosse un patrigno, più che un padre. Tutto qui.”

Lei rifiuta l’atteggiamento autolesionista, il piangersi addosso, quindi vede tutto bello qui da noi?

“Io mi sento una persona che ancora oggi vuole avere fiducia, che guarda il futuro con attesa, che ha una parola per tutti. Per questo motivo offro una chance a chi mi cerca, a chi mi chiede qualcosa. Sono stato sempre così. Aperto e disponibile.”

La comunicativa è tipica dei paesi che guardano il mare: Agrigento, la sua città avrà condizionato il suo carattere. Resta sempre così legato alla sua terra?

“Sa cosa dico sempre? Se via Teulada si potesse dirottare a Buonamorone (una contrada alle porte di Agrigento) io sarei l’uomo più felice del mondo.”

In che senso?

“Il mio lavoro mi porta a Roma, ma la mia casa si trova ad Agrigento, esattamente in via san Vincenzo, sotto il Duomo. Io abito lì. Quella è la mia dimensione.”

Lei come si vede? Un uomo di successo? Un personaggio?

“Mi vedo un uomo normale che lavora alla Rai.”

La sua giornata?

“Comincia molto presto. Al mattino lavoro, alle 13 stacco per una breve pausa. Poi dopo venticinque minuti vado in riunione. Così fino alle 19, quando ho finito e mi ritiro a casa, dove mi aspetta mia moglie, talvolta ci sono anche i miei figli, i miei nipoti. La vita di un uomo normale che tutti i giorni lascia il suo ‘ufficio’ perché vuole stare con i suoi affetti che non ha mai, dico mai, trascurato.”

Avrà un ricordo professionale su tutti che tiene nel suo cuore...

“Si. La standing ovation a Milano, quando presentai il mio lavoro teatrale, il caso Tandoy, uno degli errori più clamorosi degli anni ’60.”

Torniamo ad Agrigento, ai suoi amici.

“Come non ricordarli? Pippo Flora, musicista; Toni Cucchiara, cantautore; Stefano Pecoraro, pianista. Li porto dentro al mio cuore.”

Pensa mai alla pensione? Non è stanco?

“Mai succederà. Non so pensarmi senza lavorare.”

Un uomo che lavora, ama la famiglia, la sua vita racchiusa in una storia alla fine come tante, ma lo avrà un vizio?

“Si. Mangio tanto. Non mi so trattenere. Difatti ho la pancia, ma non resisto alle frittate, alla pasta con il sugo di pomodoro, queste sono le mie vere tentazioni. E le melanzane fritte, d’estate. Che meraviglia”.

Come descriverebbe i siciliani?

“Io li vedo come uomini pensanti che con il loro silenzio dicono più di cinquanta parole.”


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