CATANIA – Salvatore Leanza, o meglio Turi Padedda, nel 2014 stava cercando di riportare in auge il nome mafioso degli Alleruzzo a Paternò. Una prova di forza che però non sarebbe piaciuta agli affiliati del clan rivale. Turi Rapisarda, capomafia dei referenti dei Laudani, avrebbe ordinato l’omicidio del boss. Turi Leanza è ucciso sotto casa alle 7 del mattino. Il commando non sbaglia il bersaglio e lo uccide. Era il 27 giugno del 2014, le pallottole hanno ferito anche la moglie che era a bordo con lui nell’Alfa Romeo bianca. È uno dei killer nel 2015 ad aver dato una svolta all’indagine su quell’assassinio che avrebbe avuto anche ‘il silenzio-assenso’ degli Assinnata, gli altri alleati dei Santapaola a Paternò. La troppa ‘autonomia’ di Leanza non sarebbe stata gradita negli ambienti criminali paternesi. Ma il pentimento di Francesco Musumarra, ‘cioccolata, ha portato alla sbarra solo il mandante Turi Rapisarda (condannato all’ergastolo). Il gruppo di fuoco, infatti, è stato incastrato da un altro collaboratore di giustizia.
Le rivelazioni di Orazio Farina hanno permesso di blindare le indagini a carico del fratello Alessandro Farina, Antonio Magro, Francesco Santino Peci, Sebastiano Scalia, Antonino Barbagallo e Vincenzo Patti. Il processo abbreviato, nonostante lettere e confessioni (ritenute ritardatarie dai pm Andrea Bonomo e Antonella Barrera), termina con cinque ergastoli e una condanna a 20 nei confronti di Patti.
Da qualche mese si è aperto il processo di secondo grado davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Catania, presieduta da Rosario Cuteri. Il pg Andrea Ursino ha già discusso e al termine della requisitoria ha chiesto la conferma della sentenza del gup. Oggi è stato il turno di alcuni difensori, che hanno chiesto alla Corte il riconoscimento delle ‘generiche’ visto il comportamento processuale e l’ammissione delle responsabilità.
L’avvocato Salvatore Centorbi, difensore di Alessandro Farina, inoltre nella sua arringa ha citato la lettera che il suo assistito in modo autonomo ha inviato al quotidiano La Sicilia – che ha pubblicato qualche giorno fa – in cui ha annunciato la sua dissociazione, ha chiesto perdono alle vittime e ha lanciato anche un messaggio ai giovani di tenersi lontano dalla criminalità. Una missiva che secondo il penalista merita una riforma della condanna. Sarà interessante capire, se su questo punto il sostituto procuratore generale vorrà fare delle repliche. Intanto nella prossima udienza, fissata per il 4 maggio, si concluderanno le discussioni delle difese.