I mafiosi visti da Giovanni Falcone - Live Sicilia

I mafiosi visti da Giovanni Falcone

Una sapiente lezione di antropologia della mafia
L'INTERVENTO
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2 min di lettura

Con la cattura di Matteo Messina Denaro e con la successiva diffusione di alcuni aspetti della sua vita privata, abbiamo avuto nuovi elementi per completare il disegno antropologico di come sia un mafioso. Ma sarebbe sbagliato pensare che si tratti di elementi nuovi, prima impensabili.

Se ne avessimo avuto la disponibilità mentale – spesso prevaricata da quella delle viscere e dal conformismo politicamente corretto – avremmo saputo acquisire le lezioni impartite da colui che, accanto a tutto il resto scaturito dalla sua attività di magistrato, ci ha riversato senza arroganza sapienti lezioni di antropologia della mafia: Giovanni Falcone.

Per entrare in argomento devo ricordare un episodio emblematico, dal quale potrebbe sembrare che nei confronti della mafia Giovanni Falcone fosse divenuto quantomeno un “morbido”. Questo è l’aggettivo che – assieme a “scandaloso” – usò Corrado Augias intervistando Falcone il 12 gennaio 1992 nel corso del programma tv Babele. Le critiche del giornalista muovevano da alcune analisi svolte dal magistrato palermitano nel suo saggio-intervista Cose di Cosa Nostra.

Leggiamo Falcone: “Gli uomini d’onore non sono né diabolici né schizofrenici. Non ucciderebbero padre e madre per qualche grammo di eroina. Sono uomini come noi. La tendenza del mondo occidentale, europeo in particolare, è quella di esorcizzare il male proiettando su etnie e su comportamenti che ci appaiono diversi dai nostri”.

Alla contestazione di “morbidezza” mossa da Augias, Falcone rispose (testuale): “Spesso capita che se la realtà non è quale la si desidera o quale la si pensa è la realtà che è sbagliata e non siamo noi.” Ma non finì lì. Infatti qualcuno del pubblico gli contestò quest’altro passo del libro: “Ma se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia”. E Falcone, con pazienza, spiegò: “ Intendevo dire che somiglia ai palermitani, ai siciliani, agli italiani. Intendevo dire che non sono dei marziani”. In questa pagina sarebbe superfluo aggiungere altro.


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