Indignazione, sgomento, sconcerto. Per una volta queste parole, così spesso sprecate nella valanga di dichiarazioni ufficiali di politici e portavoce, descrivono fedelmente i sentimenti che ha provato chi, in televisione o su internet, ha visto le immagini del bimbo conteso fra i genitori nel padovano. Un bimbo trascinato, portato via di peso, fra le urla di parenti e astanti. Un bimbo che dice “non respiro”, che chiede aiuto, che cerca qualcosa a cui aggrapparsi mentre un poliziotto lo prende dalla spalle e un perito del tribunale (o il padre, secondo la Polizia) dai piedi. Un bimbo, descritto come socievole, vivace e simpatico, che, mentre è a scuola fra i suoi compagni, dove è giusto che si senta protetto e curato, deve subire un blitz, le cui modalità si possono tranquillamente definire scioccanti.
Chiediamo all’avvocato Andrea Coffari, Presidente del “Movimento per l’infanzia”, qualche spiegazione sull’incredibile vicenda.
Chiariamo anzitutto se nella dinamica degli eventi si è seguito un protocollo rigido o se c’è in questi casi un margine di discrezionalità nel dare adempimento al provvedimento di un Tribunale avente per oggetto un minore (in questo caso, il Tribunale di Venezia che ha concesso al padre l’affido, che scatterà dopo un anno che il bambino dovrà trascorrere in una casa famiglia, presso la quale per l’appunto il padre con l’ausilio della polizia doveva accompagnarlo).
Il provvedimento giudiziario diceva: “misure adeguate”. Il padre doveva attivarsi in questo senso: ha deciso lui di agire in questo modo ed ha fatto evidentemente un errore.
Le modalità con cui è avvenuto l’allontanamento dalla madre, prelevando il bimbo a scuola con uso della forza e coercizione, costituiscono una violenza sul minore?
Si, certo.
La motivazione dell’allontanamento dalla madre è la “sindrome di alienazione parentale” (PAS) di cui il bimbo soffrirebbe, secondo la perizia psichiatrica disposta dal Tribunale. Che cos’è la PAS?
È un’invenzione di un uomo, Richard A. Gardner, che odia profondamente le donne e i bambini, un ideologo che si è inventato una sindrome che è respinta dalla comunità scientifica internazionale e che non si trova in alcun manuale diagnostico. Accettando una diagnosi di questo tipo il Tribunale commette un errore.
Quali sono i diritti di un bambino? Ha diritto di rifiutare il rapporto con uno dei genitori? O vale di più il diritto del genitore ad avere un rapporto con il figlio?
È una questione di cultura giuridica. In una cultura giuridica avanzata, il bambino deve avere il diritto a non essere considerato malato, ad essere ascoltato. In questo caso, è stato ascoltato, ma non si è creduto a quanto diceva perché lo si è ritenuto malato.
Che cosa si poteva fare, per salvaguardare il bambino?
Si doveva agire sui genitori. In questi casi, in cui c’è una contesa fra i genitori, bisogna agire sempre e soltanto sugli adulti. Il bambino deve essere tenuto fuori dai conflitti.
Che danno può derivare al bambino?
Innumerevoli danni. È stata compromessa la sua fiducia nelle istituzioni, il suo rapporto col padre, che lo ha trascinato sul marciapiede, la sua serenità.
Questo è un caso limite o rientra in una prassi comune?
Non c’è un archivio. Ci sono una decina di casi che in cui si è proceduto in questo modo.
Cosa si può fare adesso? Qual è la strada da seguire per assicurare al bambino una prospettiva serena?
Restituirlo alla sua vita. Ma ci vuole un provvedimento del tribunale ad hoc.