PALERMO – “Lui era contento, felice” di essere stato combinato. Talmente euforico che Giuseppe Fricano violò la regola della riservatezza. Si presentò in un chiosco, nei pressi del carcere Ucciardone di Palermo, e diede la bella notizia. Era diventato un uomo d’onore, iniziava la scalata che lo avrebbe portato alla reggenza del mandamento di Resuttana.
Di quel giorno ha una memoria nitida il neo pentito Giovanni Vitale: “… lui era contento .. lui era contento, quindi l’ha condivisa questa notizia”. Al chiosco c’erano anche “Antonio Taralla, Gigetto e Antonino Siragusa”. Il “battesimo” si era svolto nel rispetto della tradizione. Per nascondere la sua affiliazione Fricano avrebbe dovuto mentire. Inevitabile, infatti, che gli amici gli chiedessero cosa fosse successo per via di quel “fazzolettino nella mano”. “È stato punto”, racconta Vitale. Nella nuova Cosa nostra si rispetta il vecchio rito della punciuta, con il sangue che macchia l’immagine sacra, poi bruciata sul palmo della mano del nuovo uomo d’onore.
Dopo il rito Fricano “era emozionato e diceva che aveva i brividi”. Il suo padrino era stato Alessandro D’Ambrogio, reggente del mandamento di Porta Nuova e allora uomo forte dell’intera Cosa nostra palermitana. La sua forza si manifestò anche nel fatto di essere riuscito ad imporre a Resuttana uno che a Resuttana non era nato. Fricano era il capo, ma “io so – dice Vitale – che rispondeva a Biondino”.
La stella di Fricano avrebbe brillato ancora per poco. La sua nomina, ha riferito Vito Galatolo, boss pentito dell’Acquasanta, era “una cosa che a noi non ci stava bene perché non c’era l’autorizzazione dei Madonia… non ci stava bene a nessuno…”. Alla fine Fricano, l’insospettabile meccanico di via Libertà, arrestato nel blitz Apocalisse del giugno del 2015, dovette farsi da parte, nonostante avesse avuto uno sponsor d’eccezione, come D’Ambrogio. Quel giorno all’Ucciardone, però, c’era spazio solo per l’emozione.