“Anche lui fu messo in discussione, sostenevano che avesse organizzato l’attentato all’Addaura per fare carriera. Era una grande calunnia. Come quella che adesso subisco io”. La voce narrante appartiene a Vincenzo Liarda, sindacalista e simbolo antimafia, indagato dalla Procura di Termini Imerese per simulazione di reato: su una lettera di minacce ai suoi danni ci sarebbe la sua impronta, secondo le accuse. ‘Lui’ è Giovanni Falcone, citato in questa forma, nel corso di una intervista, come riferisce Repubblica. Mettiamo da parte la vicenda giudiziaria e personale. Siamo alla fase dell’avviso di garanzia: l’indagato avrà tempo e modo di dimostrare la sua innocenza, circostanza che auspichiamo. Premesso l’essenziale, si può aggiungere: per favore, smettetela.
Per favore, smettetela di tirare per il sudario il dottor Giovanni Falcone, vero e generoso martire italiano, anche quando, palesemente, la sua storia non c’entra niente con la cronaca. L’Addaura, con quello che ne seguì in sangue e dolore fino a Capaci, è un evento troppo grande per vicende ordinarie di caserme e tribunali.
Per favore, smettetela di disturbare la memoria di un morto, chiamato con molesta puntualità in soccorso alle difficoltà dei vivi. Non sarà il caso di Liarda che ha fama di sindacalista tenace. Ma quante volte abbiamo assistito a equivoche sedute spiritiche con la convocazione di Falcone e Borsellino nel ruolo di tappabuchi. Nomi da spendere per giustificare tutto, vantando contiguità e similitudini che non stanno né in cielo né in terra.
Spostando sempre a margine l’indagine che è appena lo sfondo, il pretesto, di una necessaria invettiva civile: smettetela di strumentalizzare la nobiltà di questi umanissimi siciliani d’altura per salvare la pratica di guadagni e carriere. Smettetela di afferrare per il collo Capaci e via D’Amelio: pedine di un gioco dell’oca del consenso e del riconoscimento che nutre i sottogoverni degli opportunisti.
No, non è Vincenzo Liarda l’artefice di una tale manomissione. E gli auguriamo di uscirne bene. Ma il panorama che si intravvede risulta ormai insopportabile, stantio, maleodorante. Non nominate più Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, se non con misura. Lasciate, finalmente, che riposino in pace.