La mafia esiste ancora, lo sappiamo, nonostante l’incessante e meritorio lavoro di magistratura e forze dell’ordine. Con un’impressionante capacità di adattamento si riorganizza per sfruttare ogni nuova condizione e contesto.
La mafia che si ricompatta, dobbiamo esserne consapevoli, ringrazia per le polemiche che emergono nei momenti commemorativi, quando dovremmo essere uniti nel ricordare chi ha sacrificato la vita per la libertà e la legalità.
Queste divisioni diventano pericolosi varchi attraverso cui la criminalità si insinua, soprattutto nei quartieri abbandonati dalle istituzioni, tra i giovani sfiduciati verso lo Stato e la politica. Giovani che di fronte a promesse di facili guadagni e al fascino del potere dato dalla paura diventano prede dei boss e dei loro gregari.
Che credibilità può avere chi è diviso al proprio interno? Che testimonianza può offrire chi litiga in casa propria? Negli anni, scrivendo di lotta a Cosa Nostra su questo giornale, abbiamo sempre sostenuto l’idea di un’antimafia diffusa, opposta a quella “da palco”, o più comunemente definita “di facciata”, costellata di medaglie a volte immeritate come dimostrano inchieste e sentenze.
Ma cos’è l’antimafia diffusa? Non si limita a un minuto di silenzio, piuttosto vive di un impegno silenzioso, costante, di 24 ore al giorno, il bello è che ognuno di noi può esserne protagonista. È un silenzio che parla attraverso i fatti: il rispetto delle regole, del prossimo, dei beni comuni.
È l’antimafia di chi non corrompe per un favore né si lascia corrompere dal denaro, di chi paga le tasse, mantiene l’ambiente pulito, lascia liberi gli scivoli per disabili, anziani e passeggini, rallenta davanti alle strisce pedonali, compra il biglietto salendo su un autobus, lavora onestamente senza rubare lo stipendio, non volta le spalle di fronte a un’ingiustizia, come la violenza su una donna.
Per chi fa politica non basta non frequentare mafiosi, per carità, fondamentale pur non essendo affatto scontato, anche qui ce lo dicono inchieste e sentenze, è necessario che combatta la mafia mettendo al primo posto l’interesse collettivo, non quello personale, del gruppo di supporto, del partito di appartenenza.
Sono mille i modi per affermare la legalità e contrastare chi sceglie la via del sopruso e della morte. Solo un’antimafia diffusa potrà estirpare definitivamente il cancro mafioso, perché significherà aver già sconfitto la mentalità mafiosa dentro di noi.

