PALERMO – In consiglio comunale è il giorno dell’hotspot, che Sala delle Lapidi (come ampiamente previsto) boccia sonoramente ma che continua a scaldare gli animi con Orlando pronto a ricorrere al Tar e gli uffici che lo definiscono “un campo di concentramento o una bidonville”. La decisione finale sul centro per migranti che dovrebbe sorgere allo Zen, accanto al Velodromo, non è nelle mani del Comune ma della Regione, tanto che lunedì alle 12 i capigruppo incontreranno l’assessore al Territorio Toto Cordaro, ma il passaggio a piazza Pretoria era comunque necessario, sebbene non vincolante.
In Aula erano presenti il sindaco Orlando, che aveva chiesto al consiglio di esprimersi celermente per evitare il commissario (che la Regione ha già nominato), l’assessore al Sociale Giuseppe Mattina, il vicesindaco Sergio Marino e gli uffici, ma anche gli spalti del pubblico erano pieni: attivisti di sinistra, il deputato Erasmo Palazzotto, l’associazione Vivo Civile, turisti e semplici curiosi.
Una seduta in diretta streaming e a nervi tesi, visto che le opposizioni hanno colto l’occasione per andare all’attacco del primo cittadino che in mattinata ha anche ricevuto l’ambasciatore dell’Uganda: Ferrandelli, Mattaliano e Figuccia hanno abbandonato i lavori non appena il Professore ha preso la parola, rientrando poi a lavori in corso. Quello di oggi era del resto un appuntamento atteso non solo per la valenza politica del tema, ma anche per la presenza di Orlando che le minoranze da tempo chiedevano anche su altri temi.
“Abbiamo fatto della cultura dell’accoglienza un segno distintivo di Palermo – ha detto il sindaco – il centro sembra che serva a rendere migliore la prima accoglienza, in sostituzione della struttura al porto, ma ci opporremo politicamente alla sua trasformazione in un luogo diverso. Non vogliamo diventi un campo di sofferenze per un numero indefinito di persone che rimarrebbero lì per un tempo indefinito. Siamo contrari che questo centro sorga a Palermo, allo Zen come altrove, ma siamo contrari anche tecnicamente: è inaccettabile il parere della Sovrintendenza. Siamo pronti anche a ricorrere al Tar“.
“Quest’area non è stata scelta dal Comune – ha precisato il capoarea delle Infrastrutture Nicola Di Bartolomeo – e basta guardare il progetto per capire che questa struttura non sarà temporanea. Il Fondo San Gabriele ha un Baglio vincolato, l’area è destinata a verde storico e aggiungeremmo degrado a degrado. Sembra quasi un campo di concentramento, una bidonville o un lager più che un centro di prima accoglienza, con muri alti e poco verde. Abbiamo presentato queste obiezioni alla Prefettura che ha però deciso di chiedere la variante urbanistica direttamente alla Regione, il che consentirà di realizzare la variante indipendentemente dal nostro parere”.
A seguire gli interventi dei capigruppo: Tantillo ha sottolineato la presenza dei vincoli paesaggistici, Catania ha puntato il dito contro quello che definisce “un favore culturale e sociale alla mafia” e ha annunciato di volersi incatenare per protesta, Ferrandelli ha criticato un’amministrazione “che arranca” e lascia le periferie nel degrado, Figuccia ha chiesto di tutelare prima i palermitani, Forello si è fatto carico di farsi da tramite col futuro governo nazionale, Terrani annuncia le barricate, Chinnici ha attaccato le politiche del futuro governo, per Sala il no è sia politico che tecnico.Tutti d’accordo nel riqualificare il Fondo San Gabriele, che però è nelle stesse condizioni ormai da vent’anni.
Alla fine su 28 presenti il voto è stato unanime, ma le opposizioni non hanno mancato di sottolineare (per bocca di Ferrandelli, Forello e Tantillo) come la maggioranza fosse rappresentata da appena 14 consiglieri e che quindi l’atto è passato solo grazie alle minoranze.
Il consiglio ha quindi condiviso il parere negativo degli uffici dell’Urbanistica e ha così bocciato un centro da 400 posti letto, composto da tendostrutture che dovrebbero sorgere per un paio d’anni al costo di 7,2 milioni di euro e che dovrebbero servire alla prima accoglienza dei migranti che sbarcano al porto. Il tutto su 10.800 metri quadrati che fanno parte di Fondo San Gabriele, terreno confiscato alla mafia accanto al Velodromo e che presenta Qanat arabi e una necropoli dell’aetà del rame. Un progetto che adesso dovrà divenire realtà, sempre che da Roma il nuovo governo non cambi idea.
LE REAZIONI
“L’hotspot è un non luogo che fabbrica non persone – ha affermato il capogruppo di Sinistra Comune Giusto Catania nel corso del dibattito – La nostra è la città dell’accoglienza, come sintetizza la Carta di Palermo a proposito di principi come la libera circolazione e la cittadinanza di residenza. L’hotspot elimina i diritti fondamentali delle persone, criminalizzando e privando della libertà chi ne varca la soglia. E’ uno spazio che viola i diritti degli esseri umani, estraneo all’ordinamento giuridico. E’ anche uno scempio urbanistico: sette milioni di euro per costruire una baraccopoli in un bene confiscato alla mafia. La battaglia si sposta alla Regione e siamo sicuri che il sindaco Orlando si batterà con noi in tutte le sedi in cui sarà necessario contro provvedimenti che non rispettano la volontà dei territori e negano i diritti umani”.
“Non ti vogliamo in aula su questioni su cui siamo tutti d’accordo, ma per parlare delle emergenze finanziarie e gestionali del Comune e delle sue aziende. Se vuoi fare passerella noi non siamo e non saremo mai complici”. Così Fabrizio Ferrandelli. “Noi siamo a difesa degli interessi dei palermitani – precisano Ferrandelli e Mattaliano – e non partecipiamo alla mistificazione di chi usa le istituzioni a proprio uso e consumo, scappando dai modi rilevanti”. “Noi vogliamo confrontarci sulle proposte – affermano i consiglieri – ne abbiamo a centinaia e vogliamo invertire la rotta, trasformando Palermo nella città che merita di essere”. “Appartengo a una cultura in cui i diritti riguardano ogni essere umano, come declama la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – conclude Ferrandelli nel suo intervento. Non facciamo propaganda sull’accoglienza, quando ancora a Palermo uomini vivono in strada, lungo corso Vittorio Emanuele, via Maqueda, in piazza Sturzo, o ancora famiglie sono costrette a occupare le grotte sotto Villa Trabia, o quando migliaia di famiglie sono in emergenza abitativa, pensiamo alle comunità per minori, stranieri e non che rischiano la chiusura per i ritardi di mesi nei pagamenti… Se si parla di accoglienza, bisogna farla a 360 gradi, e non per slogan”.
“Il Partito democratico manifesta tutta la propria soddisfazione per il dibattito di oggi. Abbiamo ribadito le grandi conquiste della città in questi ultimi anni, tra queste certamente la visione centrale del tema dell’accoglienza, che ha trasformato Palermo in città dei “diritti”, a partire dalla nostre scuole dove i bambini e le bambine vivono e crescono insieme, e lo straordinario contributo del governo nazionale per l’attenzione data”. Lo affermano i consiglieri del Partito Democratico al Comune di Palermo Dario Chinnici, Francesco Bertolino, Carlo Di Pisa, Rosario Arcoleo e Giovanni Lo Cascio dopo il dibattito, avvenuto questa mattina a Sala delle Lapidi sulla vicenda dell’hot-spot allo Zen. “Abbiamo apprezzato – continuano i consiglieri dem – la proposta condivisa da molti colleghi di riqualificare aree come quella di Fondo San Gabriele, proposta questa del Centro Pio La Torre, o di scuole oggi degradate, ribadendo la nostra difesa dei diritti e contestualmente l’obiettivo di votare atti che certamente contribuiranno nel percorso di crescita di questa città”.
“Siamo soddisfatti per la decisione presa dall’Aula su un’opera invasiva e costosa, sbagliata nella concezione, nel metodo e nel progetto. Ribadiamo che per il Movimento 5 Stelle i diritti umani vengono prima di tutto e per questo il nostro dovere istituzionale era di dire no all’istituzione di un hotspot a Palermo non riconoscendolo come strumento adatto per accogliere e aiutare i migranti. Oltretutto la scelta dello Zen non garantisce alcun rispetto per le esigenze di un quartiere che ha bisogno necessariamente di altro. Questa soluzione ipotecherebbe per sempre il riscatto di un quartiere in cui i politici tutti hanno fallito. L’unica nota positiva di oggi, oltre all’unione d’intenti dell’intero consiglio su questo tema, è stata la presenza del Sindaco ‘assente’ che in Aula non si vedeva da fine 2017 e che sembra scappare dalle sue responsabilità: dall’emergenza rifiuti, ai debiti del Comune e delle partecipate, a un’emergenza sociale con una Palermo sempre più povera e distante dalle esigenze dei cittadini”. Lo dicono i consiglieri Ugo Forello, Giulia Argiroffi, Concetta Amella, Viviana Lo Monaco, Antonino Randazzo.
“Esprimiamo piena soddisfazione per la scelta odierna del consiglio comunale, dal dibattito in aula è emersa in larga parte che la città di Palermo si riconosce pienamente nei valori della Carta di Palermo e nei diritti di tutte le persone indipendentemente dal luogo della loro provenienza”. Lo dichiara in una nota Vincenzo Fumetta, segretario provinciale di Rifondazione Comunista Palermo. “Infatti, così come emerso dal dibattito pubblico e dalle iniziative delle associazioni antirazziste palermitane, l’hotspot è un luogo di mortificazione dei diritti umani e non serve assolutamente a gestire il fenomeno migratoria. Ma c’è di più – continua il segretario provinciale del Prc – spendere 7 milioni di euro per una struttura che non serve è un gesto disgraziato e lo è ancora di più se si decide di farlo in un quartiere che avrebbe bisogno di un piano di inclusione sociale di pare della sua popolazione. Infine – conclude Fumetta – la presenza in aula del sindaco e il suo intervento dimostrano la continuità politica e programmatica su queste tematiche tra l’attuale e la passata Amministrazione Comunale e ciò rende Palermo un punto resistente rispetto alla virata reazionaria e populista che sta avvenendo nel resto del Paese”.
“Non accetto l’atteggiamento di chi sciorina belle parole in aula all’insegna dell’accoglienza e dell’uguaglianza, scomodando la storia, magari per rendere più interessante il proprio intervento denso di inutile retorica e non lo accetto ancor di più da parte di un Sindaco che pur avendo in tasca la tessera del Pd continua a dichiararsi del partito dei palermitani – dice Sabrina Figuccia dell’Udc – E ancora non accetto la sterile demagogia di chi continua ad affermare principi secondo i quali prima vengono le persone. A costoro dico in maniera chiara, come l’ho detto oggi in aula al Sindaco, prima vengono i palermitani, soprattutto rispetto a chi oggi da clandestino arriva nel nostro paese e vi soggiorna serenamente in violazione delle sue leggi. Un principio quello del rispetto della legge, che questa volta si, rimanda all’uguaglianza. L’uguaglianza che chiedo a gran voce per tutti quei palermitani che ogni giorno pagano le tasse e rispettano le leggi del nostro paese, pur essendo privi di servizi essenziali come l’acqua, la raccolta dei rifiuti, ma anche strutture scolastiche adeguate per i propri figli, servizi di trasporto pubblico locale e ancora impianti sportivi e così via fino ad arrivare a tutti quei servizi minimi essenziali che devono essere erogati a tutti i cittadini, da quelli dello zen, oggi coinvolti da questa progettualita’, che domani potrebbe riguardare i palermitani di Bonagia, quelli di Borgo Nuovo, ma anche quelli di Via Libertà e di quello che ormai impropriamente, viene definito il salotto buono della città”.
“Nel 2017 gli sbarchi sono diminuiti del 33% rispetto all’anno precedente – dice Marcello Susinno di Sinistra Comune – viene da chiedersi allora a cosa serva questo hotspot. Non si affrontano così i temi dell’accoglienza, alimentando le tensioni sociali allo Zen”.
“IL voto unanime su questa delibera evidenzia un grande senso di responsabilità da parte di tutto il consiglio comunale – dicono i consiglieri di Sicilia Futura Gianluca Inzerillo, Caterina Meli, Giuseppina Russa e Ottavio Zacco – Su determinati argomenti non vi può essere colore politico, siamo favorevoli alla riqualificazione dell’area, le periferie non hanno bisogno di Hotspot ma di giardini”.
“La prossima settimana parteciperemo al tavolo istituito presso l’Assessorato al Territorio per formalizzare le nostre proposte – dice Andrea Mineo, vicepresidente della commissione Patrimonio – Spiace constatare l’ormai cronica assenza della maggioranza che anche su questo atto deliberativo dimostra la sua fragilità”.
” Abbiamo ribadito il nostro no agli hotspot – dice Tony Sala di Palermo 2022 – Un negazione prima di tutto politica. Queste strutture non sono la soluzione, non sono i modelli di accoglienza che auspichiamo. Non possiamo mortificare oltre gli uomini, le donne e bambini, che hanno messo a rischio la propria vita. Ma una negazione anche tecnica. Un’area in cui è presente verde storico e sono stati rinvenuti Qanat non è adatta a un sito che non ha senso se realizzato così distante dal porto. Siamo soddisfatti per l’esito del voto, ma è necessario indicare, individuare, suggerire delle soluzioni. Saremo presenti all’incontro con l’assessore al Territorio ed Ambiente. Il problema ovviamente della identificazione e del prima accoglienza rimane inalterato”.