Dovrà essere il tribunale di Monza e non quello di Palermo a decidere sul fallimento della Pea, società partecipata dal gruppo milanese Falck e dalla palermitana Amia. I giudici del capoluogo siciliano si sono dichiarati incompetenti territorialmente. La Procura aveva chiesto il fallimento dell’azienda, oggi in liquidazione, che avrebbe dovuto realizzare uno dei termovalorizzatori progettati per risolvere l’emergenza rifiuti in Sicilia. La difesa di Pea, rappresentata dall’avvocato Nicola Piazza, ha escluso sia la sussistenza dello stato d’insolvenza della società che la rinuncia al recupero dei crediti da parte dei commissari di Amia. L’azienda ha debiti per oltre 44 milioni. Al crack economico si aggiunge un’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Calogero Ferrara, per falso in bilancio.Sette gli indagati tra i quali Orazio Colimberti, ex direttore generale dell’Amia già condannato a due anni e 6 mesi per falso in bilancio e false comunicazioni sociali.
La Pea nasce dall’associazione temporanea di imprese che, nel 2004, vinse la gara e si aggiudicò la convenzione con la Regione per la costruzione dell’impianto di smaltimento dei rifiuti a Bellolampo. Ma nel 2007 la corte di Giustizia Europea annullò la gara per difetto di pubblicità. Nel 2009 il nuovo bando che, però, andò deserto. Nel 2010 la Pea, che aveva esaurito il suo scopo, venne messa in liquidazione. In sei anni l’unica opera realizzata dalla società, a fronte di oltre 44 milioni di euro spesi per studi di progettazione e consulenze legali, è stato lo sbancamento dell’area destinata al termovalorizzatore mai costruito.
Da qui l’inchiesta parallela per una presunta bancarotta fraudolenta. La Procura ha, infatti, chiesto il fallimento della Palermo Energia Ambiente e nel frattempo – il codice lo prevede – ha avviato l’inchiesta penale per la quale è indagato anche l’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao. Il reato di concorso in bancarotta si concretizzerà solo nel caso in cui la Pea dovesse essere dichiarata fallita.
Il nome dell’attuale assessore fa parte dell’elenco dei creditori della società che allo studio Armao si rivolse, tra il 2006 e il 2009, per alcune consulenze legali. “La questione attiene all’attività di assistenza legale che ho svolto in passato in codifesa con numerosi ed autorevoli legali di fama nazionale in favore della citata società”, spiegò Armao.