Il figlio di La Torre: |"Basta divisioni nell'antimafia" - Live Sicilia

Il figlio di La Torre: |”Basta divisioni nell’antimafia”

Il figlio del politico ucciso dalla mafia: "Non mi piacciono queste polemiche".

Parla Franco La Torre
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PALERMO – Mentre Rosario Crocetta evocava il nome di suo padre per usarlo come clava contro Giovanni Fiandaca, Franco La Torre era all’estero. Ma il suo silenzio sul dibattito esploso nel Pd negli ultimi giorni non è dovuto solo a questo: il figlio di Pio La Torre preferisce evitare le polemiche, tanto più se nel nome di suo padre. Su una cosa, però, lo storico e dirigente antimafia è netto: “I partiti attuali – afferma – non garantiscono al dibattito i toni che questo meriterebbe”.
Partiamo proprio dal cuore del dibattito, però. Il nome di suo padre è stato evocato da Rosario Crocetta, secondo il quale Giovanni Fiandaca ne offuscherebbe le battaglie. Secondo i sostenitori del giurista è stato invece “tirato per la giacca” dal presidente della Regione. Quale delle due è secondo lei la lettura corretta?
“Non mi piace prendere parte a queste polemiche, che favoriscono divisioni, sottolineando le differenze. La lotta antimafia, ho imparato da mio padre, riguarda tutti, perché, come amava ripetere, riguarda la difesa dei diritti costituzionali dagli attacchi del sistema di potere politico-mafioso”.
Una delle accuse rivolte da Crocetta a Fiandaca è il “negazionismo” sulla Trattativa. Faccio una domanda allo storico: che idea si è fatto su quel periodo?
“Nella sua storia, sino ad oggi, questo ‘fenomeno di classi dirigenti’, questa è la definizione che Pio La Torre dà della mafia, nella sua evoluzione storica, ridefinisce periodicamente i termini del patto, che tiene insieme queste classi dirigenti (economiche, politiche, criminali), che rifiutano il patto costituzionale”.
A proposito di “negazionismo”: il 30 aprile, commemorando suo padre e Rosario Di Salvo, aveva parlato proprio di questo rischio. Si riferiva, però, al “negazionismo” sulla consistenza della mafia militare, che in fondo è il concetto opposto. Al di là delle valutazioni nel merito, evocando il “negazionismo” nei confronti di chi sostiene una tesi anziché un’altra, non si corre il rischio di impoverire l’analisi del fenomeno mafioso?
“Non volevo riferirmi alla ‘consistenza della mafia militare’ ma alla capacità della mafia di affermare la sua cultura in assenza di un’adeguata promozione della cultura antimafia, di cui l’analisi è parte fondamentale”.
Un altro tema affrontato il 30 aprile e tornato d’attualità questa settimana è l’aeroporto di Comiso. Lei aveva detto di confidare nell’ostinazione di Crocetta perché fosse intitolato di nuovo a suo padre, ma ieri ci si è divisi anche su questo: il cuperliano Pippo Digiacomo ha rivendicato la paternità della decisione, accusando l’assessore Michela Stancheris di volerlo invece intitolare ad Archimede. Ci aiuti a fare chiarezza.
“Il 30 aprile, approfittando della presenza sul palco, mi ero rivolto al presidente Crocetta, che già in passato aveva sostenuto la richiesta d’intitolazione a mio padre. Richiesta avanzata sin dal 2008 con una manifestazione a Comiso, organizzata dai familiari, gli amici, associazioni, partiti e sindacati; poi ripresa con la raccolta di oltre 30.000 firme nel 2013, promossa dal Centro Pio La Torre, Libera Informazione, Articolo 21 e Change.org”.
Come tutti i partiti, il Pci guidato da suo padre non era certo monolitico. Il dibattito, però, non arrivava a queste punte di asperità, o quanto meno non le mostrava in pubblico. Secondo lei questa evoluzione della politica è una garanzia di maggiore trasparenza o un decadimento?
“Indubbiamente, partiti come il Pci non esistono più e quelli attuali, anche perché di recente formazione e ancora poco strutturati, non sempre garantiscono al dibattito i toni che questo meriterebbe. Non è questione di trasparenza ma di come, cosa e in nome di chi si discute”.
Oggi voterebbe Partito democratico?
“Oggi non si vota e, riguardo alle prossime elezioni, non ho ancora deciso”.
Come valuta l’operato del presidente della Regione?
“Non ho gli elementi per giudicare, perché non seguo le vicende siciliane, tanto da poter valutare. L’unica cosa che posso dire è che non deve essere facile governare senza una maggioranza precostituita”.
Fiandaca, lunedì, ha detto che “fare antimafia non significa solo battere le mani ai magistrati”. Cos’è, per lei, fare antimafia?
“Azione di popolo e delle istituzioni, politica e culturale e questo lo sanno bene magistrati e forze dell’ordine, che lo ripetono ogni volta che portano a termine azioni brillanti di contrasto e repressione”.

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