SIRACUSA – “Cosa è successo a Gianluca, cosa gli hanno fatto? Vogliamo la verità. Abbiamo diritto alla verità”. E’ il drammatico appello che i familiari di Gianluca Bianca lanciano attraverso le pagine di Live Sicilia. Sono ormai trascorsi due mesi dall’ultimo contatto ed è calato il silenzio sul giovane comandante del Fatima II. Inghiottito dal mare, sembrerebbe, al termine di un ammutinamento a bordo.
La cronaca del mistero
Ripercorriamo le tappe della vicenda. Quelle finora ricostruite dagli investigatori italiani. Il Fatima II è un peschereccio della marineria siracusana di Porto Palo di Capo Passero. A bordo, oltre al trentacinquenne comandante, ci sono tre siracusani, due egiziani e un tunisino. La barca è in navigazione tra le coste della Grecia e quelle egiziane nella notte tra il 12 ed il 13 luglio. Poi, l’ammutinamento.
Almeno così raccontano i tre marittimi siciliani soccorsi, all’indomani, a bordo di due zattere da un mercantile. Costretti a salire a bordo delle imbarcazioni di salvataggio hanno lanciato un sos con i telefoni cellulari. Il 21 luglio il peschereccio viene avvistato a largo delle coste egiziane e trainato nel porto di Rashid, a 65 chilometri da Alessandria di Egitto. A bordo non c’è più traccia di Bianca e dei nordafricani. Poche ore dopo la polizia locale individua i due egiziani. Quale sia stata la loro ricostruzione resta un giallo per le autorità italiane.
Il disperato appello dei parenti
Sono ormai trascorsi due mesi. Il silenzio delle autorità egiziane è assordante. Il grido di aiuto di Marcello Bianca e Antonina Moscuzza, genitori di Gianluca, è strozzato dall’angoscia. I riflettori dei media sulla vicenda del Fatima II sono quasi spenti. La sorella di Gianluca, Anna, e il fidanzato, Marco Calandrino, scrivono una lettera alla redazione di Live Sicilia.
“Mio fratello è appassionato del mare. Le famiglie di mia madre e mio padre da generazioni lavorano in mare – scrive Anna – di conseguenza anche Gianluca ha voluto intraprendere questo mestiere”. Poi ricostruisce gli ultimi contatti con il fratello: “Gianluca è uscito il 10 luglio dal porto di Siracusa. La sera del 12 ha chiamato sua moglie Monica per informarla che a bordo andava tutto bene”.
All’indomani suona il primo campanello d’allarme: “Il 13 luglio ha chiamato la Barca Mariella. Era molto contento perchè il pescato era stato ottimo, ma poco prima a bordo c’era stata una lite tra un italiano ed un egiziano. Ha detto che se la lite andava ad degenerare lui faceva rientro a Siracusa . Da quando è terminata la chiamata comincia la mia disperazione, perché non abbiamo più notizie di mio fratello”.
Notizie che giungono due giorni dopo dalla voce di uno dei marinai siracusani: “In Capitaneria di Porto è arrivata una chiamata. Si diceva che sul motopeschereccio c’era stato un ammutinamento e che il comandante era stato ucciso e gettato nelle acque internazionali (Grecia-Bengasi) e che loro erano stati messi dentro due zattere in cui una era provvista di cibo, bevande e medicinali, e nell’altra c’erano i 3 marittimi siracusani con i loro cellulari che poi sono stati tratti in salvo da una nave mercantile”.
Poi, il silenzio: “Più volte abbiamo contattato il console della città di Alessandria. Niente, nessuna notizia. Abbiamo più volte contattato il nostro ministero degli affari Esteri. Sono state fatte delle interrogazioni parlamentari dal deputato Pippo Gianni al presidente del Consiglio Mario Monti, al ministro degli Esteri, Giulio Terzi, a quello dell’Interno, Annamaria Cancellieri, incontrata personalmente. Niente, nessun risultato. Ora abbiamo saputo dall’onorevole Gianni che sono state attivate le rogatorie internazionali. I magistrati egiziani collaboreranno con quelli italiani “.
Le ultime parole della lettera danno voce allo strazio e alla rabbia della madre: “Gianluca è un cittadino Italiano, lavorava, pagava le tasse e svolgeva il suo lavoro e la sua vita con amore e devozione. Mio figlio Gianluca è padre di 5 figli, marito affettuoso, figlio affettuoso e fratello amorevole. Vi chiedo aiuto per avere verità e giustizia per un figlio che non c’è più”.