PALERMO – Secondo l’accusa, il prezzo della corruzione di Cesare Vincenti, capo della sezione gip del Tribunale di Palermo, sarebbe la nomina del figlio Andrea nell’Organismo di vigilanza del Palermo Calcio. Vincenti padre avrebbe fatto sapere a Maurizio Zamparini, tramite l’allora presidente della società di calcio Giovanni Giammarva, che il suo ufficio stava per emettere una misura interdittiva. Andrea Vincenti si difende e allontana da sé ogni sospetto.
Come si arriva alla sua nomina?
“Del tutto casualmente. Una sera di fine giugno esco dal mio studio e mi reco in un locale in via Libertà con un amico per un aperitivo. Lì incontro seduti ad un tavolo Giovanni Giammarva, l’avvocato Franco di Trapani e altri. Ci salutiamo cordialmente e scambiamo due chiacchiere, Giammarva mi dice che sta strutturando la governance del Palermo Calcio anche con la nomina di un organismo di vigilanza collegiale. A quel punto gli faccio presente che mi occupo di organismi di vigilanza da oltre dieci anni e ho una notevole esperienza professionale in materia. Giammarva allora mi propone l’incarico precisando che il compenso è modesto, 6.000 euro l’anno lordi. Io manifesto comunque la mia disponibilità; il Palermo Calcio è una realtà cittadina di rilievo e quindi avrei volentieri prestato la mia attività. Due giorni dopo mi scrive per dirmi che la nomina era stata esitata. Nomina che, ribadisco, nasce da un aperitivo di una calda serata di giugno 2018″.
Conosce un tale Cirino, l’uomo di cui avrebbe preso il posto?
“No, mai sentito”.
Dalle parole intercettate di Giammarva si capisce che la sua è stata una nomina dell’ultimo minuto.
“Infatti. Tutto nasce dopo quell’aperitivo”.
Quali erano i suoi rapporti con Giammarva prima della nomina?
“Nessuno. Ciascuno sapeva chi era l’altro ma non siamo mai andati oltre il saluto”.
Ha mai parlato con suo padre prima della sua nomina delle vicende del Palermo Calcio?
“Mai. Anzi le dico di più, non nutro alcun interesse per il calcio. E poi mio padre si guarda bene dal parlare delle inchieste giudiziarie di cui si occupa”.
E quando la scelsero per il comitato etico gliene parlò?
“Sì”.
Quale fu la reazione di suo padre?
Mi disse ‘bene’, ma il tema non fu oggetto di discussione fra noi due”.
Conosce Alida Marinuzzi, giudice delle esecuzioni immobiliari?
“Mi creda, io non so neanche dove sia la sezione delle esecuzioni immobiliari. Sono un avvocato che si occupa di diritto societario. Lo sa tutta la città. È un fatto notorio”.
Perché il giudice Giuseppe Sidoti dice, a proposito di suo padre, ‘… ha il figlio avvocato che si occupa di queste cose'”?
“Mi creda non so per quali motivi lo abbia detto”.
Sua sorella ha comprato una casa su cui c’era una procedura del Tribunale. Innanzitutto, secondo gli investigatori, sua sorella non aveva i soldi necessari tanto che viene usata la parola ‘prestanome’.
“Mio padre compra la casa e la intesta a mia sorella come avviene in molte famiglie borghesi in questo emisfero del globo, almeno. Mio padre regala la casa a mia sorella. Cosa normale”.
Come nasce l’affare della casa?
“Vediamo il cartello ‘Vendesi’ affisso al balcone. Mia mamma contatta l’agente immobiliare il quale le fa visitare la casa che piace. L’agente dice che l’immobile è ipotecato ed è di una società con vari debiti. Società che fa capo al dottore Bellia. A questo punto entro in gioco io e quale legale cerco di capire quale sia la situazione della società proprietaria dell’immobile. All’esito di numerosi incontri con il Bellia, raggiungiamo l’intesa nel senso di procedere all’acquisto della casa con accollo dei debiti nei confronti delle banche. Accordo che viene integralmente trasfuso nell’atto pubblico di vendita rogato dal notaio Saguto. Nulla di anomalo. Tutto alla luce del sole”.
Ad un certo punto, però, qualcosa non va tanto che lei dice ‘qua nessuno è fesso’. Perché pronuncia questa frase a suo padre?
“Bellia nell’atto pubblico si era impegnato a pagare, entro un certo termine, i dipendenti della società che erano suoi creditori ed avevano iscritto ipoteca di terzo grado sull’immobile acquistato da mia sorella. Bellia però nicchiava su questo impegno, sostenendo che il debito di 40mila euro ce lo dovevamo accollare noi, in violazione degli accordi contrattuali. Chiaramente, a questo punto mi irrigidisco e dico a mio padre di convocarlo per vedere il da farsi”.
Perché convocarlo in Tribunale?
“Mio padre trascorre tutte le mattine nel proprio ufficio. Pensavamo di approfittare di un giorno che avevo udienza e vederci con Bellia nel suo ufficio. Non ci vedo nulla di strano. Quando ho udienza spesso vado a trovare papà”.
Ad un certo punto, però, l’affare sembra potere saltare per l’esistenza della procedura immobiliare.
“Noi compriamo la casa già con la procedura esecutiva in corso. Il Credito Siciliano aveva eseguito un pignoramento. Mio padre in esecuzione degli obblighi assunti in contratto,ha quindi provveduto ad acquistare il credito della banca, con l’effetto che la banca ha perso ogni interesse a coltivare la procedura esecutiva. Il Tribunale aveva nominato il custode dell’immobile pignorato, prevedendo che ove non fosse stato versato il suo acconto entro trenta giorni la procedura sarebbe stata dichiarata estinta. Quando mio padre soddisfa la banca i trenta giorni sono quasi trascorsi, così contatto il custode nominato dal giudice e le rappresento che la banca ha ceduto il credito in forza del quale aveva eseguito il pignoramento. A questo punto chiaramente non avrebbe ricevuto l’acconto e la procedura si sarebbe estinta”.
Pare, però, che lei abbia fretta di chiudere. Che chieda a suo padre di incidere sulla collega per accelerare. O no?
“Nessuna accelerazione. Ho depositato una istanza al giudice rappresentando che la procedura andava dichiarata estinta ed il giudice ha emesso un consequenziale provvedimento. Era un atto dovuto quello del giudice, non ci ha fatto alcun favore. È una cosa che doveva fare. Peraltro l’acquisto dell’immobile è stato comunicato subito al Ceto creditorio della società di Bellia, e nessuno ha avuto alcunché da ridire; anzi, con l’accollo dei debiti abbiamo aiutato in modo significativo la definizione dell’esposizione debitoria della società. Non a caso, il legale di Bellia con cui sono in ottimi rapporti ha definito l’operazione ‘brillante’. Sebbene devo dire che si tratti di operazioni che a Milano sono all’ordine del giorno. Seimila euro lordi l’anno per tre anni (Vincenti torna a parlare della nomina nell’organismo di vigilanza, ndr): se Zamparini o chi per lui avesse voluto favorirmi, non crede che mi avrebbe nominato come avvocato nelle operazioni di cessione delle quote o nei procedimenti dinanzi alla giustizia sportiva? Io sono iscritto all’albo da 12 anni e mio padre è in magistratura da 40 anni, senza mai alcuna ombra sul suo (e mio) operato. È impensabile che la mia nomina possa essere stata il prezzo della corruzione”.
Può essere un favore che si inserisce in una rete di relazioni?
“Ma relazioni con chi? Mai avuto rapporti con Zamparini né con Giammarva; e poi ripeto se il Palermo avesse voluto favorirmi mi avrebbero inserito come advisor nella cessione. Invece sono semplicemente componente dell’Odv e ad oggi, peraltro, non ho visto un solo euro. Questa storia ha lo stesso amaro sapore della vicenda dell’automobile acquistata quattro anni fa (gli investigatori di Caltanissetta dissero che Vincenti aveva ottenuto uno sconto per l’acquisto di una macchina allora gestita da un amministratore giudiziario e ormai restituita agli imprenditori Rappa, ndr). Secondo la procura di Caltanissetta l’avevo comprata a un prezzo ‘di favore’ salvo poi scoprire che l’avevo pagata un po’ di più di quanto l’avrei pagata a Roma. Intanto però rimasi sui giornali per dieci giorni”.
Ha incarichi per conto del Tribunale di Palermo?
“Mai lavorato con il Tribunale. Mi sono sempre guardato bene dall’avere incarichi dai Tribunali, a Palermo, in Sicilia o in Italia”.
Un’ultima domanda: la Procura di Caltanissetta, almeno così pare dagli atti, sembra interessata ad altre vicende giudiziarie in cui lei non ha agito in veste di legale e che comunque sarebbero transitate dall’ufficio di suo padre. E se sospettassero un suo intervento per conoscere dei particolari investigativi?
“Sono di una serenità olimpica: svolgo la mia attività professionale ed accademica in settori molto lontani da quelli che occupano mio padre. Sarò ben lieto di fornire ogni informazioni che gli investigatori vorranno acquisire; non ho nulla da nascondere e confido solo che l’intera vicenda si definisca al più presto”.