Più che il contenuto a fare paura sono i suoi potenziali effetti. La lettura dell’articolo nel quale il settimanale Panorama ricostruisce le conversazioni tra il capo dello Stato Giorgio Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino, ascoltati dagli uomini della Dia che indagano sulla trattativa Stato-mafia, ha attenuato i timori scatenati in Procura dalle anticipazioni di ieri. “Hanno messo insieme in modo impreciso e spesso errato indiscrezioni che circolavano ed é venuto fuori un collage di cose più false che vere”, dicono i pochi Pm di Palermo tornati al lavoro dopo la pausa estiva. Il problema, in questo momento, non è tanto la tutela del segreto che garantisce, o dovrebbe garantire, le famose telefonate, mai sbobinate e conservate in una cassaforte della Procura in attesa che la Consulta ne decida le sorti, ma cosa c’é dietro la pubblicazione e, soprattutto, quali saranno le conseguenze.
“Mettere in giro voci su fatti più o meno inventati dà la sensazione che la Procura non deposita le intercettazioni, ma le fa uscire sui giornali così da creare un clima di veleni che è l’anticamera del ricatto”, spiega un magistrato che non vuole essere citato. “Siamo noi ad essere danneggiati da tutto questo – dice -. Stiamo subendo attacchi e pressioni fortissime e resistere non è facile”. Una lettura tutta in autodifesa che esclude che la fonte della ricostruzione, più o meno fantasiosa di Panorama, sia uno dei Pm a conoscenza dei contenuti delle conversazioni in cui, secondo il settimanale, Napolitano si sarebbe lasciato andare a considerazioni molto critiche su Berlusconi e Di Pietro e sulla stessa Procura guidata da Francesco Messineo. “Le date indicate non tornano, ci sono molte cose false – spiegano i magistrati -. E’ una manovra”. Ma a quale fine? Alla domanda i pm rispondono senza esitazione: “a creare spaccature tra noi e a preparare il clima giusto per una nuova legge sulle intercettazioni.
Si colgono due piccioni con una fava, insomma, si intaccano i rapporti tra colleghi, si incrinano quelli con i pochi investigatori che hanno dato un contributo all’inchiesta e si apre la strada per cambiare le norme sulle intercettazioni”. Nell’analisi della vicenda c’é poi chi tratteggia scenari più ampi che vedono nella scelta di Panorama un tentativo di ricatto a Napolitano e un indiretto pressing sul governo Monti. Resta però un punto nodale, forse anche per comprendere cosa c’é dietro la “manovra”: capire quale sia la fonte della notizia. “Valuteremo se aprire un’inchiesta sulla violazione del segreto istruttorio”, dice il capo dei pm Messineo che, con l’ennesima tegola caduta sull’ufficio, potrebbe dire addio definitivamente alle ambizioni sulla procura generale di Palermo. Ma sull’effettiva possibilità di indagare sulla vicenda c’é scetticismo. “Il procuratore informa che valuterà se aprire una inchiesta sulla fuga di notizie, essendo evidente che c’é stata una rivelazione di cose coperte dal segreto istruttorio – dice l’ex sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano – ma aggiunge che la ricostruzione delle telefonate operata da Panorama non corrisponde al contenuto delle telefonate medesime.
Come fa Messineo a parlare di evidenza di violazione del segreto se – per sua stessa dichiarazione – quanto riporta il settimanale non risponde al vero?”, si chiede Mantovano. La risposta del capo dei pm non si fa attendere: “non c’é alcuna contraddizione – dice Messineo – L’intenzione di disporre accertamenti su una possibile fuga di notizie non significa necessariamente attribuire validità alle notizie che sono state diffuse. Anche la diffusione di una notizia parziale o inesatta rende ipotizzabile che vengano disposti accertamenti in questo senso”.