Il ritorno di Razza: ma cosa è cambiato? - Live Sicilia

Il ritorno di Razza: ma cosa è cambiato?

Il cambio di rotta del governatore.
SEMAFORO RUSSO
di
3 min di lettura

Decisamente una pessima idea quella del presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci di rimettere Ruggero Razza sulla più alta poltrona dell’Assessorato regionale alla Salute, e parimenti pessima la decisione di Razza di tornarci, anzi, sembra non vedesse l’ora. Sia chiaro, auguriamo a Razza, in atto indagato insieme ad altri per presunte falsificazioni dei dati Covid-19 finalizzate a evitare alla Sicilia la temuta “zona rossa”, inchiesta che lo portò il 30 marzo scorso alle dimissioni, di dimostrare l’assoluta insussistenza di qualunque profilo penale nelle sue condotte ma che il rientro nelle funzioni assessoriali sia comunque altamente inopportuno lo si può sostenere con le parole che lo stesso Razza usò al momento in cui lasciò gli uffici di piazza Ottavio Ziino: “Soprattutto nel tempo della pandemia – spiegò – le istituzioni devono essere al riparo da ogni sospetto. Per sottrarre il governo da inevitabili polemiche ho chiesto al presidente della Regione di accettare le mie dimissioni”. Bravo! Esattamente! Un comportamento ineccepibile rispettoso delle istituzioni e, da sottolineare, anche del lavoro dei magistrati. Cos’è cambiato nel frattempo? L’indagine è in corso, non si è conclusa. Perché smentirsi in modo così plateale ponendo le istituzioni, al contrario di quanto allora dichiarato e promesso, nel cono d’ombra del sospetto e il governo regionale in un vortice di inevitabili polemiche? Musumeci, dal canto suo in proposito ha ribadito che: “…le indagini giudiziarie e le responsabilità politiche devono essere separate, nel rispetto della magistratura e dei principi che regolano la nostra vita democratica”. Appunto, ed esiste un solo modo perché i due piani restino separati: separarli, tant’è che Razza si dimise. In questa sede non vogliamo formulare giudizi sull’efficacia dell’attività assessoriale di Razza nel miglioramento della sanità siciliana e, in emergenza sanitaria, sulle sue capacità nell’aver saputo affrontare regionalmente la pandemia.

No, qui vogliamo solo evidenziare la colossale contraddizione tra il Razza dimissionario e il Razza che seppure ancora sotto indagine vuole tornare a rivestire i panni dell’assessore alla Salute, vogliamo evidenziare la conseguente stupefacente contraddizione di Musumeci che accettando a marzo le dimissioni del suo pupillo evidentemente ne accettò pure le ragioni (“mettere le istituzioni al riparo da ogni sospetto e sottrarre il governo da inevitabili polemiche”); quanto meno non manifestò di non condividerle. Purtroppo, la considerazione è a carattere generale e non riguarda direttamente i due succitati protagonisti, i nostri politici di ogni colore e schieramento spesso, magari inconsapevolmente, mostrano di considerare le istituzioni delle proprietà potendone pertanto disporre a piacimento. È un errore grossolano determinato nella peggiore delle ipotesi da una sorta di arroganza del ruolo o, nella migliore, di un viziato concetto della volontà popolare. Vincere le elezioni non significa ovviamente assumere pieni poteri e nemmeno piegare le istituzioni alle convenienze di parte e di partito. Quando si viene raggiunti da un avviso di garanzia, e si sta ricoprendo un incarico istituzionale, c’entrano poco le dinamiche processual-giudiziarie, le ipotetiche grandi qualità dell’indagato e le convinzioni sulla sua estraneità alle accuse mentre c’entra molto, e lo si dimostra con le dimissioni, il dovere di mettere al riparo le istituzioni da ogni sospetto e polemica. Chi lo ha detto? Ruggero Razza appena due mesi fa con la benedizione di Nello Musumeci.

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