Un anno non è sufficiente per licenziare un dipendente infedele. Nonostante due arresti. Il caso di Nino Nobile, il funzionario della Motorizzazione che sarebbe stato il perno del presunto sistema di mazzette per ottenere la patente a Palermo, è ancora pendente davanti alla corte d’appello: dopo il primo arresto, infatti, la Regione aveva licenziato il dipendente, ma un anno fa il Collegio arbitrale di disciplina ha annullato il provvedimento. Era gennaio dell’anno scorso, e il caso è finito anche sul prestigioso quotidiano francese Le Figaro. Da allora quasi nulla è cambiato: il procedimento non si è ancora concluso, e quindi Nobile è tuttora un dipendente della Regione. Almeno formalmente.
Già, formalmente. Perché il 28 gennaio dell’anno scorso, subito dopo l’annullamento del licenziamento da parte del Consiglio arbitrale di disciplina, la Regione ha deciso di sospendere il dipendente dal servizio e di impugnare il provvedimento, attraverso l’avvocatura dello Stato, davanti alla sezione Lavoro della corte d’appello di Palermo. Ma intanto c’è almeno una buona notizia: la Regione, infatti, ha deciso di costituirsi parte civile nel procedimento contro Nobile.
Il sistema di mazzette alla Motorizzazione civile, il 25 gennaio, ha portato la squadra mobile di Palermo a eseguire 51 arresti: con Nobile sono finiti in cella o ai domiciliari un altro funzionario della Motorizzazione, Emanuele Lo Cascio, una dipendente dell’ente, Rosa Maria Mangano, e alcuni titolari di autoscuole e agenzie di disbrigo pratiche di Palermo e provincia. All’operazione “S” ha dedicato un dossier che è possibile scaricare a pagamento attraverso una pagina dedicata su questo sito. Una novità assoluta per il panorama dell’informazione che arricchisce l’offerta di prodotti giornalistici della Novantacento, la casa editrice che pubblica i mensili “I love Sicilia”, “S” e “S – speciale Calabria”, il settimanale “Il Palermo” e il sito Livesicilia.it.
“In casi simili, così come prevede il contratto di lavoro – spiega l’assessore regionale alla Funzione pubblica, l’ex magistrato Caterina Chinnici -, la Regione può intervenire, dal punto di vista disciplinare (con sanzioni che possono arrivare anche al licenziamento) solo dopo che è stata messa a conoscenza, da parte della magistratura, di episodi di reato”. Ma nel futuro, secondo l’assessore alla Funzione pubblica, la burocrazia sarà in grado di autotutelarsi con più efficienza: “Con l’approvazione del codice antimafia e anticorruzione della pubblica amministrazione, redatto dalla commissione presieduta dall’ex procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna – chiarisce Chinnici -, è stata introdotta tutta una serie di norme che hanno l’obiettivo di affermare e incrementare l’impermeabilità dell’azione amministrativa regionale rispetto a qualsiasi forma di infiltrazione e collusione mafiosa”.