PALERMO – Ci sono dei pezzi mancanti che forse non si riuscirà a mettere a posto. Dei buchi che impediscono, al momento, di fare luce sulla morte di Cinzia Pennino. La docente del don Bosco Ranchibile è deceduta il 28 marzo scorso al Policlinico di Palermo. Il referto parla di trombosi addominale. Era stata vaccinata con AstraZeneca l’11 marzo precedente. La Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta.
Non si tratta soltanto, ed è un compito complicato, di accertate l’eventuale – al momento non è stata accertata – correlazione fra la vaccinazione antri Covid e il decesso, ma anche di ricostruire i passaggi della vittima nell’hub vaccinale della Fiera del Mediterrano. E qui la faccenda si complica perché, appunto, mancano dei pezzi.
C’è un altro interrogativo chiave: Cinzia Pennino poteva essere vaccinata con AstraZeneca oppure era un soggetto a rischio per cui era consigliato l’utilizzo di un altro prodotto ? I familiari hanno raccontato che la donna, il 7 marzo, era andata alla Fiera perché rientrava nel personale scolastico coinvolto prioritariamente nella campagna. Solo che era sta rimandata indietro per la sua “severa obesità”.
Sono gli stessi medici del Policlinico ad avere rilevato una obesità con tasso bmi 39,8 (si tratta del quarto grado su una scala che ne prevede sei). Il rapporto fra peso e altezza di Cinzia Pennino non lascia dubbi: 115 chili per un metro e 70. E dubbi non ne ebbe neppure il medico che decise di non vaccinarla.
L’11 marzo Pennino si ripresentò in Fiera, dopo avere prenotato telefonicamente, e stavolta fu vaccinata con AstraZeneca. Il medico non ritenne che la sua condizione di obesità fosse un fattore di rischio. C’è la firma di Pennino sul modulo di consenso informato, ma è sicuro, si chiedono i parenti, che le fosse tutto chiaro e avesse deciso di non ascoltare il consiglio del primo medico?
Ed ecco uno pezzo mancante. Del primo passaggio alla Fiera del Mediterraneo non c’è traccia. La prenotazione è stata cancellata, così dice il personale amministrativo, per consentire a Pennino di fare una nuova prenotazione “con altro vaccino riservato alle persone vulnerabili” . Non c’è traccia neppure dell’anamnesi che spinse il medico a non vaccinare la donna con AstraZeneca. La pratica non esiste perché non si è conclusa, non c’è alcun documento che certifichi la presenza in Fiera di Cinzia Pennino: è la prassi.
Si sta cercando di rintracciare almeno il nome del medico. In quel periodo ce n’erano diciassette in servizio. Anche risalendo alla sua identità dal turno di lavoro è ipotizzabile che non ricordi il caso specifico. Esattamente come non lo ricorda il medico che ha somministrato la dose. È stato sentito dagli investigatori. Impossibile ricordare di Cinzia Pennino in un contesto di 80 anamnesi per ogni turno di lavoro. L’anamnesi viene compilata dal paziente e il medico ha il compito di verificare e chiarire eventuali dubbi.
E poi ci sono i passaggi ospedalieri da scandagliare. I sanitari hanno prestato tutte le cure necessarie, sono stati commessi errori? Gli interrogativi sono diventati quesiti per i periti. Ci si concentra sui farmaci somministrati come l’eparina, su alcune allergie, ad esempio alla lana, riferite dalla paziente e sulla piastrinopenia diagnosticata su Cinzia pennino come possibile conseguenza della trombosi.