PALERMO – E’ stata approvata la Carta di Lampedusa, redatta da un centinaio di persone (comprese tra diverse latitudini, dal Nord Europa all’Africa alla Turchia) che da ieri sono riunite nell’isola delle Pelagie e che stasera hanno, di fatto, concluso i lavori: domani sarà sottoscritta dai partecipanti come ultimo atto formale.
L’iniziativa, organizzata da Melting Pot, ha avuto l’adesione di numerose associazioni e a Lampedusa è tornata anche una delegazione di migranti che erano sbarcati nell’Isola e che occupano una chiesa ad Amburgo. La Carta è costituita da un preambolo che elabora i principi generali sui diritti dei singoli: innanzitutto la libertà di movimento, per poi addentrarsi in proposte concrete sui meccanismi e le regole dell’accoglienza. “Portiamo avanti – spiega Nicola Teresi, di Libera – un nuovo modello di accoglienza, un metodo d’azione che parte dal basso e che invita chi ha il potere di legiferare a prendere in considerazione le nostre proposte”.
E’ nata sabato sera, e oggi è stata sottoscritta dai partecipanti alla tre giorni di lavori nell’isola delle Pelagie, la Carta di Lampedusa. Un documento che stabilisce i diritti dei migranti e che gli estensori della carta hanno già tradotto in inglese e si prefiggono di diffondere in altre lingue. L’iniziativa, organizzata dall’associazione Melting Pot, ha visto la partecipazione di numerose realtà che operano in Europa e in Africa. Presente anche una delegazione turca. I sottoscrittori della Carta – la cui prima parte elenca i principi e la seconda disegna le attuali politiche migratorie per affermarne i necessari cambiamenti – si impegnano a praticare e difendere i contenuti del documento “nei modi, nei linguaggi e con le azioni che ogni firmatario riterrà opportuno”. La Carta di Lampedusa è il risultato di un processo costituente e di “costruzione di un diritto dal basso”. Le tragedie del 3 e dell’11 ottobre scorsi, con centinaia di morti nei naufragi al largo di Lampedusa, hanno accelerato l’iniziativa degli organizzatori, che imputano gravi responsabilità alle “politiche di governo e di controllo delle migrazioni”. “La Carta di Lampedusa – è spiegato nel documento – non è una proposta di legge o una richiesta agli stati e ai governi. Da molti anni le politiche di governo e di controllo dei movimenti delle persone, elemento funzionale alle politiche economiche contemporanee, promuovono la disuguaglianza e lo sfruttamento, fenomeni che si sono acuiti nella crisi economica”. Il documento afferma come “indispensabile una radicale trasformazione dei rapporti sociali, economici, politici, culturali e giuridici, a partire dalla costruzione di un’alternativa fondata sulla libertà e sulle possibilità di vita di tutte e tutti senza preclusione di nazionalità, cittadinanza e/o luogo di nascita”.