Impastato, 42 anni fa l'omicidio | Ricordo e indignazione - Live Sicilia

Impastato, 42 anni fa l’omicidio | Ricordo e indignazione

Era il 9 maggio 1978. Il fratello Giovanni "indignato" per le scarcerazioni

La notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978 – 42 anni fa – la mafia uccideva Peppino Impastato. Una carica di esplosivo dilaniò il suo corpo sulla linea ferrata di Cinisi. Un suicido, un errore mentre preparava un attentato: si disse, depistando le indagini dalla verità.

Nello stesso giorno le Brigate Rosse uccidevano Aldo Moro.

Impastato aveva 30 anni ed aveva scelto di rompere con il padre e con la mentalità mafiosa che lo circondava. Gaetano Badalamenti, potente capomafia, ne decretò la morte. Veniva deriso da Peppino che dalle frequenze di Radio Aut lo chiamava “Tano seduto”.

Il 5 marzo 2001 la Corte d’Assise di Palermo condannò il boss Gaetano Badalamenti all’ergastolo e il suo vice Vito Palazzolo a 30 anni di reclusione. Per io depistaggio non c’è più tempo per indagare.

Lo ricordano in molti. “Non dimenticare significa anche non sottrarsi al dolore della memoria. Riconoscere di avere necessità di eroi significa aver coscienza di quanto ancora si debba fare. E studiare, perché se #PeppinoImpastato è oggi ricordato come uno dei pochi rivoluzionari italiani lo si deve alla sua volontà di capire, di analizzare, di studiare appunto”. Lo scrive con un post su Fb Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia.

Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera lo ricorda come “simbolo di un impegno contro le mafie, la corruzione, le ingiustizie. Simbolo senza confini, vista la dimensione nazionale e internazionale assunta ormai dal crimine organizzato. La sua è però una memoria esigente, che non può fermarsi ai discorsi e alle celebrazioni retoriche.

“Oggi, nel giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale, rendiamo omaggio e ricordiamo i momenti più dolori della nostra storia, stringendoci intorno ai familiari delle vittime e continuando a lottare per avere giustizia e verità. Quarantadue anni fa, il 9 maggio 1978, furono uccisi Peppino Impastato e Aldo Moro, due pilastri del nostro tessuto democratico”, scrive il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

Per Piero Grasso di Leu “Peppino era un giornalista che con ironia smascherava i traffici di boss e politici”.

C’è anche il commento del sindaco di Palermo Leoluca Orlando: “La morte di Peppino Impastato ha segnato uno dei punti più tragici e perversi della permeabilità sino alla identificazione fra istituzioni pubbliche e private e mafia, che assumeva a volte anche il volto dello Stato. Ricordare la sua morte ma soprattutto la sua vita, impegnato con le armi della cultura, dell’informazione e dell’ironia contro la violenza fisica e culturale della mafia, non è solo un modo per continuare a rendere un doveroso omaggio, ma è anche un modo per ricordare quanto quelle armi siano tutt’ora un grande strumento, unito alla repressione giudiziaria, per contrastare le mafie di ogni tipo”.

Per Giangiacomo Palazzolo sindaco di Cinisi, il modo migliore di ricordare Impastato è dire “fa sindaco libero che la mafia è una montagna di merda”.

È un giorno di ricordo “social” per via dall’emergenza Coronavirus. Il fratello di Peppino, Giovanni, dà l’appuntamento al prossimo anno ma anche all’impegno che ripartirà presto a Cinisi e in giro per l’Italia dove racconta la storia e il coraggio del fratello.

Impossibile per Impastato non ricordare il tema delle scarcerazioni. Si dice indignato: “Sono sempre stato un garantista ma queste scarcerazioni sono aberranti. Oggi mio fratello Peppino sarebbe estremamente deluso da questo Stato. Anche i peggiori mafiosi hanno dei diritti e vanno curati però mi pare che si sti esagerando. Mi sembra una scusa per tirarli fuori tutti, piano piano“.

 

 

 

 

 

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