PALERMO – L’imprenditore rischiò grosso. Osò reagire a muso duro ai boss che erano andati a chiedergli il pizzo. E il clan di Bagheria lo aveva condannato a morte. L’intervento dei Servizi segreti gli salvò la vita. A raccontarlo è Sergio Flamia, collaboratore di giustizia del clan bagherese che degli 007 è stato a lungo una fonte confidenziale.
Flamia si è preso il merito di avere evitato il peggio, avvertendo il misterioso personaggio con cui era in contatto. Un agente segreto che era pure andato a fargli visita mentre era detenuto. Il suo intervento fu provvidenziale. Ecco come il collaboratore di giustizia ricostruisce i fatti: “Quando dovevano ammazzare l’imprenditore… che era in programma di farlo ammazzare per contro di Nino Zarcone e Carmelo Bartolone io l’ho riferito a questo qua e i carabinieri hanno avvisato a questo imprenditore dicendogli: stai attento, noi ti stiamo sorvegliando perché c’è un progetto di attentato verso di voi”.
I boss si erano fatti vivi seguendo il più classico dei repertori di Cosa nostra. All’imprenditore vennero recapitati una testa di capretto e una bottiglia piena di benzina. Non si piegò. Credeva di potere fare la voce grossa. Era sicuro di avere anche lui le spalle coperte, la protezione di qualcuno che comandava nel clan bagherese. La sua reazione avrebbe infastidito innanzitutto Zarcone e Bartolone. Il primo si è pentito, seguendo la pista aperta da Flamia, e il secondo ha preferito consegnarsi al posto di polizia di un ospedale quando ha capito che anche lui rischiava di essere ammazzato.
I militari si mossero subito. Il piano di norte era stato studiato nei minimi dettagli, che però non conosciamo. Forse volevano ammazzarlo scegliendo una maniera plateale. Una volontà confermata dal fatto che Flamia ha parlato di “attentato”. Alla fine, però, probabilmente, si era optato per un intervento chirurgico. L’imprenditore doveva essere avvicinato e ucciso a colpi di postola.
Nessuno, però, ha mai capito che dietro lo strano movimento dei carabineri in quel periodo c’era lo zampino di Flamia. La voce arrivò all’orecchio di Zarcone “che mi dice a me – ha raccontato Flamia ai pubblici ministeri di Palermo – forse siamo stati intercettati, è un casino, i carabinieri sanno che abbiamo in programma di ammazzare a questo. Cosa che poi non si fece più perché i carabinieri erano a conoscenza di tutto”. E l’imprenditore ebbe salva la vita.