La vedova Schifani: "L'antimafia|non faccia come i mafiosi" - Live Sicilia

La vedova Schifani: “L’antimafia|non faccia come i mafiosi”

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“Non si può andare avanti giudicandosi a vicenda, come se ognuno di noi fosse titolare di diritti sugli altri. Così scattano diffidenze, astio, distanza. Non possiamo fare come i mafiosi che s’ammazzano fra loro”. A 17 anni dalla strage di Capaci parla Rosaria Schifani, la vedova di Vito, agente della scorta di Giovanni Falcone che fu ucciso nel 1992 nell’attentato in cui persero la vita il magistrato, la moglie Francesca Morvillo e gli altri poliziotti Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro: in un’intervista esclusiva che sarà pubblicata su “S”, il magazine che guarda dentro la cronaca, in edicola da sabato 23 maggio, Rosaria Schifani chiede al fronte antimafia di sfuggire alle gelosie interne, a quei “chiacchiericci, divisioni, malumori, troppi distinguo, acidità, incomprensioni, piccolezze. Con qualcuno pronto a dire che la mia antimafia è meglio della tua, che la mia è pura e la tua no”.

La copertina delledizione nazionale di S

La copertina dell'edizione nazionale di S

Rosaria Schifani, che tutta Italia ricorda per il suo “Vi perdono, ma inginocchiatevi” gridato in lacrime ai mafiosi ai funerali delle vittime della strage, però, vede un’importante svolta nella lotta alla mafia: “Credo che siano nate tante cose importanti negli ultimi anni a Palermo – dice -. Penso ai ragazzi di Addiopizzo, ai volontari di Libera, alle testimonianze che imprenditori coraggiosi fanno in tribunale. Il mio dubbio è però che i continui attriti e i malumori dell’antimafia portino se non a una vittoria della mafia, a una sua rivincita in alcuni quartieri dove i soliti personaggi aggiungono fiele e denigrazione”. Ma, secondo lei, la diffidenza della gente è ancora viva: “Mi sono ritrovata a viverla in prima persona dopo la strage, dopo essere stata annientata dalla mafia – spiega nell’articolo che apre lo speciale che il magazine dedica al memoriale dell’eccidio di Capaci -. Allora ho capito che qualcuno pur indossando la divisa tradiva. Non solo lo Stato. Tutti noi. E qualcuno ha continuato a fare il doppio gioco. Andando a tempi più recenti, ricordo che il procuratore Grasso alcuni di questi li ha chiamati ‘traditori’. Che rabbia”.


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