PALERMO – La società non ha nulla a che vedere con l’imprenditore accusato di essere “collettore di interessi mafiosi nel settore del commercio dei prodotti surgelati”. A due anni e mezzo dal sequestro l’imprenditore Filippo Leto rientra in possesso della sua impresa, la Da Damiano srl. È stata accolta la richiesta di dissequestro avanzata dagli avvocati Pasquale Contorno e Giovanni Immordino.
Nel 2013 la Dia sequestra il patrimonio (del valore di oltre 30 milioni di euro) di Salvatore Vetrano, titolare della Veragel di Carini. Di lui e del padre Giacomo si parlò per la prima volta nel 1999 quando furono arrestati con l’accusa di avere nascosto nelle celle frigorifere un carico di pesce rubato dagli uomini della famiglia mafiosa di corso Calatafimi. Nel 2002 per Vetrano arrivarono nuovi guai giudiziari: tornò in cella perché ritenuto responsabile di avere rapinato una carico di pesce congelato. Della banda avrebbero fatto parte, ancora una volta, soggetti organici a Cosa Nostra.
Nel 2005, il suo nome saltò fuori nell’inchiesta che portò in cella i boss di Brancaccio Benedetto Graviano e Cesare Lupo. Vetrano veniva indicato come “vicino” all’organizzazione mafiosa. L’imprenditore, per la verità, ha anche acquisito la veste ufficiale di vittima del racket. Ammise, infatti, di avere ricevuto una richiesta estorsiva di 500 mila euro. Ammissioni che contribuirono all’arresto di quattro persone. Più di recente, ma nulla c’entrano con il sequestro, fu coinvolto nel tentato omicidio del rivale in amore.
Nel 2013 si disse che Vetrano aveva acquisito “un consistente patrimonio immobiliare ed ha costituito numerose aziende, beneficiando di finanziamenti comunitari erogati dal Fondo europeo per la pesca in Sicilia, ma anche facendo sfuggire al fisco ingenti ricavi”. E scattò il sequestro deciso dalla sezione Misure di prevenzione allora presieduta da Silvana Saguto.
Le indagini proseguirono. Anzi si allargarono e nel 2014 colpirono anche la Da Damiano srl. Secondo l’accusa, Lesto non aveva la disponibilità economica per avviare l’attività. Ed ancora, la società era utilizzata per stornare gli affari dalle aziende già sottoposte a sequestro e affidate agli amministratori giudiziari. Gli accertamenti patrimoniali avrebbero anche fatto emergere la volontà di acquisire il know-how delle società già sequestrate, tramite il reimpiego dei dipendenti, con lo scopo di indebolire o vanificare l’azione dello Stato nell’opera di recupero aziendale.
Un quadro smentito dai legali. La nuova sezione delle Misure di prevenzione, presieduta da Giacomo Montalbano e composta in questo caso dai giudici Luigi Petrucci e Giovanni Francolini, ha analizzato il fascicolo processuale. È emerso che la Da Damiano, con sede in via D’Aosta e succursali in via Tiro a Segno e al Molo Piave del porto di Palermo era stata costituita con i soldi derivanti dalla vendita di un immobile di famiglia. Famiglia che, per altro, ha una lunga tradizione nel settore dei prodotti ittici surgelati, antecedente a quella dei Vetrano. Nel caso dei dipendenti transitati dalla Veragel alla Da Damiano si è trattato di un passaggio avvenuto in epoca precedente al sequestro. Nessun accordo illecito, ma un fisiologico movimento di dipendenti, assunti da una impresa concorrente di Vetrano e con una tradizione più antica. Da qui il dissequestro.