Inchieste vecchie e nuove | Ingroia tira dritto per la sua strada - Live Sicilia

Inchieste vecchie e nuove | Ingroia tira dritto per la sua strada

Antonio Ingroia

Avrebbe commesso un nuovo peculato nonostante i dubbi di finanzieri, burocrati ed ex colleghi.

PALERMO – Otto mesi dopo essere stato interrogato Antonio Ingroia avrebbe commesso un nuovo peculato. Era talmente certo di essere nel giusto da decidere di replicare l’illecito del passato. Sempre che di illecito si tratti, naturalmente. Di certo il fatto che i suoi ex colleghi della Procura di Palermo indagassero sul suo conto non gli ha creato alcun imbarazzo.

“Questa indagine mi consente di sgombrare da ogni equivoco, sospetto o maldicenza”, aveva d’altra parte dichiarato nel marzo scorso quando si seppe della prima inchiesta. L’avvocato Ingroia non ha peccato di coerenza e si è fatto liquidare il compenso dalla Società Digitale spa di cui è amministratore unico. Si parlerebbe di circa cento mila euro, anche se non ci sono certezze sulla cifra. Solo che quando il ragioniere generale della Regione, Giovanni Bologna, lo scorso novembre si è ritrovato sul tavolo la pratica di liquidazione l’ha stoppata e ha girato le carte in Procura. Ritiene, infatti, che lo stipendio di Ingroia superi il tetto consentito da una legge regionale. C’è una differenza fra le due indagini. Nella prima veniva contestato la liquidazione di stipendio e indennità di risultato. Stavolta ci si concentra solo sul compenso ordinario.

La legge regionale a cui, secondo il ragioniere generale, i pm Enrico Bologna e Pierangelo Padova, e i finanzieri della Polizia tributaria, bisogna fare riferimento è la finanziaria del 2006. In tema di spending review è stato stabilito che nelle società partecipate il compenso lordo annuale per il presidente non poteva essere superiore all’80 per cento delle indennità spettanti al sindaco del comune capoluogo, in questo caso Palermo. Da qui la cifra che si attesta intorno a 40 mila euro. Solo che, secondo Ingroia, una successiva norma nazionale gli avrebbe dato la possibilità di raddoppiarsi lo stipendio. Alla Regione, però, dicono che la legge regionale è sempre rimasta in vigore. E così Ingroia è finito sotto inchiesta. Un’inchiesta duplice perché anche i magistrati della Procura regionale della Corte dei Conti stanno valutando possibili profili di danno erariale.

L’indagine di ora si somma a quella del passato in cui la partita giudiziaria si giocava e si gioca – il fascicolo è ancora aperto – sulla “ragionevolezza” del compenso. Allora, quando la società si chiamava ancora Sicilia e-Servizi e c’era ancora Rosario Crocetta, il governatore che lo ha nominato, Ingroia si è assegnato, con l’approvazione dell’assemblea dei soci (socio unico è la Regione siciliana) due indennità di risultato da 117 mila euro ciascuno a fronte di utili esigui: 33 mila euro nel 2013, 3.800 nell’anno successivo. La legge finanziaria del 2006 precisava in un passaggio che “resta ferma la possibilità possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili e in misura ragionevole e proporzionata”. Nel 2008 la legge è stata modificata: è sparito il passaggio sulla “ragionevolezza”. L’indennità non deve superare “il doppio del compenso omnicomprensivo lordo” dello stipendio. L’interpretazione su cui stanno lavorando i pm, sia contabili che ordinari, è che la ragionevolezza di cui sopra sia sparita solo nelle parole: l’indennità di risultato deve essere, sempre e comunque, ”proporzionata”.

Una proporzione su cui Ingroia non ha dubbio alcuno, nonostante i suoi ex colleghi magistrati, con cui ha lavorato negli anni in cui era procuratore aggiunto, di dubbi ne sollevino parecchi.

TUTTI I SILENZI (di S. Toscano)


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