Emanuele Teresi, diciassette anni, studente dello scientifico “Basile”, si aggiunge alla lista del mattatoio di via Dell’Olimpo, a Palermo. E’ l’ennesimo incidente. Emanuele l’hanno trovato tra le lamiere di una Panda. Si è schiantato all’altezza di una fermata dell’autobus. Altri tre ragazzi sono rimasti feriti. Una ragazza, ricoverata a Villa Sofia, è grave. Tutti insieme stavano andando a una festa.
L’impatto è avvenuto dove ci sono gli striscioni per commemorare la vita spezzata di Giuseppe Farina (mella foto un momento del suo funerale). Emanuele e Giuseppe non si conoscevano. Condividevano l’incendio giovanile dell’età, la passione per la vita e per certe notti stellate. Ora condividono il luogo del distacco. Via Dell’Olimpo, il monte degli dei, l’asfalto dei ragazzi che muoiono come mosche nell’indifferenza, senza che nessuno faccia veramente qualcosa.
Qui intorno, a Mondello, ci sono strade con delicati nomi tratti dai miti greci. E’ un camposanto. Vicino alla montagna, in via Tolomea, c’è l’ombra di Giuseppe Alessi che si schiantò sul muro. Ogni mattina sua madre rinnova i fiori e l’acqua di un vaso sempre più consunto, sepolto dalle erbacce. Si scende. Altri occhi, fissati nell’immobilità di una foto. Una sciarpa del Palermo. Ancora fiori. Ogni tanto, passando in macchina, si vede una signora con i capelli bianchi, tinta di nero, accovacciata su quella lapide stradale in via Venere. Un altro altarino accompagna lo sguardo alla rotonda. Un uomo e un bambino spazzano spesso il marciapiede dalle foglie secche. Lì accanto c’è la voce spenta di una cantante, anche lei uccisa dal mattatoio dell’Olimpo. Qualcuno cambia una sigaretta ogni sera. Come se l’altra fosse stata fumata la notte precedente da un paio di labbra invisibili.
E poi c’è Giuseppe Farina, visitato da quattromila fiaccole dello Zen, perché la luce non lo dimentichi più. E in via Mattei c’è Salvuccio Gebbia, morto mentre parlava d’amore con la sua piccola donna. Il padre di Salvuccio, Fortunato, ha implorato e implora: “Mettete i dissuasori, organizzate controlli, aumentate l’illuminazione, fermate l’eccidio”. Niente. Non si batte ciglio. E al cronista non resta altro da fare: raccontare il pianto straziato della madre, le lacrime composte del padre, quando entrambi arrivano e scoprono quello che resta del figlio.
Partecipa al dibattito: commenta questo articolo