PALERMO – Dovranno dichiarare di essere “puliti”. Di non avere avuto e di non avere alcun problema con la giustizia, compresa quella contabile. O, al contrario, dovranno informare il governo dei propri “guai” giudiziari. Gli aspiranti nuovi manager della Sanità apporranno la loro firma su un modulo che l’esecutivo regionale sottoporrà loro nelle prossime ore.
Si tratta di una richiesta, inoltrata dall’assessorato alla Salute guidato da Ruggero Razza, a tutti i candidati inseriti nelle short list per ottenere una dichiarazione autenticata con la quale ciascuno dovrà rendere noto se è imputato o indagato in procedimenti penali, se è sottoposto a procedimenti innanzi alla Corte dei Conti, ma anche di non essere sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del Codice antimafia e di non avere parenti entro il secondo grado imputati o condannati per associazione mafiosa. Una “novità” che si aggiunge e affianca alle procedure richieste dalla riforma Lorenzin.
“Lo spirito dell’iniziativa – spiega l’assessore Razza – nel momento in cui la giunta di governo sarà chiamata a scelte di natura discrezionale, è legata alla volontà di conoscere il profilo individuale di ciascun candidato, anche in relazione a circostanze che nell’ambito di una procedura concorsuale non possono prevedere l’esclusione, ma che certamente devono essere valutate quando si devono compiere scelte consapevoli”.
Intanto l’assessore ha comunicato agli attuali commissari e manager che il regime di prorogatio delle funzioni potrà essere inferiore al limite di 45 giorni previsto dalla legge. Insomma, le nuove nomine potranno anche arrivare prima di quella scadenza.
Ma cosa dovranno dichiarare nello specifico i candidati che sono stati selezionati dopo l’esame della commissione esterna? Dovranno assicurare di non essere “sottoposti a indagini (nel caso in cui sia stata applicata una misura cautelare personale)” o imputati per uno dei reati previsti nel lungo elenco.
A cominciare dai “delitti contro la personalità dello Stato” (tra questi lo spionaggio o la rivelazione di segreti di Stato, oltre a una serie di reati relativi principalmente ai periodi di guerra). Ci sono poi i delitti contro la pubblica amministrazione, e in questo caso lo spettro dei reati possibili è assai ampio e potenzialmente più frequente tra chi è chiamato ad amministrare aziende pubbliche: dal peculato, alla concussione, all’abuso d’ufficio. Nell’elenco anche i delitti contro l’ordine pubblico (tra cui l’associazione a delinquere, anche mafiosa) e l’incolumità pubblica (disastri, incendi, danneggiamenti).
Gli aspiranti manager dovranno poi dichiarare di non essere indagati per reati contro “la fede pubblica” (in pratica, la falsificazione di monete e banconote, oltre al falso e al falso ideologico), e contro l’economia pubblica, l’industria e commercio” (dalle frodi alla violazione della proprietà industriale). Ovviamente non manca il lungo elenco di delitti contro la persona e contro il patrimonio previsti dal codice penale.
Ma non solo. I candidati dovranno anche dichiarare di non essere indagati per “trasferimento fraudolento di valori” e per “bancarotta fraudolenta” oltre al fatto “di non essere sottoposto a misure di prevenzione ai sensi del codice antimafia; di non avere parenti entro il secondo grado imputati o condannati per associazione mafiosa; di non essere sottoposto a procedimenti innanzi la Corte dei Conti”. Le autocertificazioni finiranno poi sul tavolo della giunta di governo. E anche sulla base di queste, l’esecutivo potrà scegliere tra i nomi già selezionati dalla commissione esterna che ha lavorato negli ultimi mesi.
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