Ingroia da inquisitore a indagato | Tutto per colpa di quel carrozzone - Live Sicilia

Ingroia da inquisitore a indagato | Tutto per colpa di quel carrozzone

L'ex pm antimafia, dopo aver accettato l'incarico di Crocetta, è finito dentro due indagini (una archiviata) e una inchiesta contabile

PALERMO – Da inquisitore a indagato. Da accusatore ad accusato. Tutto a causa di quel “carrozzone”. La recente vicenda alla Regione di Antonio Ingroia è storia di cadute, ambizioni e paradossi. Tutti legati, appunto, a quell’azienda dell’informatica che doveva essere chiusa ed è rimasta aperta. Portando in dote all’ex pm una indagine – poi archiviata – per abuso d’ufficio relativa alle assunzioni in Sicilia e-servizi, un’altra di natura contabile legata alla stessa vicenda e ancora in corso, e quest’ultima, per peculato, sull’utilizzo dei rimborsi e sull’entità dello stipendio.

Uno stipendio a lungo misterioso. Visto che sul sito di Sicilia e-Servizi per tanto tempo è stato impossibile trovare – come prevedono invece le norme – notizie su quella indennità, oltre che su altre spese e su altri numeri. Numeri che sarebbero finiti nell’inchiesta della Procura di Palermo, però. Secondo l’accusa, infatti, a fronte di un utile di 33 mila euro, l’amministratore di Sicilia e-servizi si sarebbe liquidato un’indennità di 117 mila euro: somma che avrebbe comportato per la società un deficit di bilancio. L’indennità di risultato, dal 2008, ha una nuova disciplina che prevede la liquidazione delle somme solo in presenza di utili e comunque in misura non superiore al doppio del cosiddetto compenso omnicomprensivo. La previsione legislativa, insomma, renderebbe indebito, a fronte di un utile di 33 mila euro un compenso di 117 mila. C’è anche in ballo l’ipotesi che Ingroia si sarebbe auto riconosciuto – poteva farlo in quanto amministratore unico – il massimo del compenso. Una accusa infondata, secondo l’amministratore di e-Servizi, e basata su “una legge abrogata dal 2008. Il diritto all’indennità – ha aggiunto – non me la sono certamente attribuita io ma mi è stata riconosciuta dall’assemblea dei soci e segnatamente dalla Regione Sicilia”. In poche parole lo ha deciso Crocetta che oggi è, in qualità di governatore, di fatto il socio unico dell’azienda.

Ma l’inchiesta è partita. E getta nuove ombre sulla luccicante e ormai datata immagine dell’eroe antimafia Ingroia. Inebriato dal profumo del governo (nazionale) e finito per accontentarsi del sottogoverno (regionale). Dal tentativo fallito della sua Rivoluzione civile poi diventata Azione civile di portarlo a Palazzo Chigi, fino alle sale di via Thaon de Revel, a capo di una azienda che doveva essere chiusa.

Chiusa. Per questo era arrivato lì Ingroia. In veste di liquidatore. Con la stessa scorta di competenze tecniche che lo avevano in passato e lo avrebbero in futuro reso “la persona giusta” anche per guidare Riscossione Sicilia (ma in quel caso il Csm alzò paletta rossa) o la Provincia di Trapani (e lì intervenne l’Anticorruzione). Su quelle poltrone Ingroia non siederà mai, nonostante il filo conduttore di questa nuova carriera degli incarichi azionata dall’aspirante rivoluzionario Crocetta: la lotta antimafia, ovviamente. Che avrebbe spazzato via dall’Agente della riscossione siciliano grumi vecchi di trenta o quarant’anni, o avrebbe facilitato la cattura di Matteo Messina Denaro.

A Ingroia, così, non è rimasto che licenziare una parente di un Bontade, per poter rivendicare il suo impegno antimafioso a Sicilia e-servizi. Licenziamento che il tribunale del lavoro ha costretto il pm a rimangiarsi, riassumendo la dipendente incensurata e mai sfiorata da dubbi. Ovviamente, come detto, l’azienda non è mai stata chiusa. Quando mai. Nonostante Crocetta avesse persino messo in piedi un ufficio speciale per l’informatica, proprio per “internalizzare” il servizio. Alla fine, ha tenuto in piedi l’uno e l’altro. Il carrozzone e l’ufficio che deve vigilare sul carrozzone. E in un caso, a dire il vero, l’Ufficio speciale ha vigilato davvero, presentando il conto a Ingroia: la società – questo il senso della nota dell’allora dirigente Maurizio Pirillo – spende troppo rispetto ai prezzi di mercato. Una tirata d’orecchi alla quale seguì un taglio del budget per quasi due milioni che mandò su tutte le furie Ingroia. Non mancarono, naturalmente, allusioni su oscure trame e indicibili interessi della dirigenza regionale.

Nel frattempo, però, Ingroia si ambientava e rendeva familiare l’ambiente di Sicilia e-servizi. Chiamando come ben remunerato consulente, Elio Costanza. “Un avvocato di grande valore” spiegò Ingroia. E anche, però, tesoriere del suo movimento politico. Nessuno scandalo, ovviamente, nemmeno nelle assai suscettibili stanze di Palazzo d’Orleans. Lì dove il governatore Crocetta che oggi condivide con Ingroia anche le convention del suo movimento “Riparti Sicilia” non battè ciglio nemmeno in un’altra occasione. Quando, cioè, il Ragioniere generale Salvatore Sammartano nella relazione al rendiconto della Regione segnalava “nei mesi di ottobre, novembre e dicembre del 2015 il superamento del limite dei compensi dell’amministratore unico di Sicilia e-servizi”. Una vicenda assai simile a quella finita dentro la nuova inchiesta dei pm sull’ex pm. Sull’eroe finito dentro i classici guai dei carrozzoni del sottogoverno.


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