Fortunato Gebbia ha il cuore nerazzurro, perché è un interista storico. Fortunato ha il cuore azzurro e nero. Il colore del cielo e il colore del lutto. In entrambe le sfaccettature brilla il volto di Salvo, il suo ragazzo, suo figlio, morto in un incidente stradale, più di diciassette anni fa.
Da allora, per Fortunato, per sua moglie e per la sua famiglia, Salvo – campioncino predestinato – non è una memoria, ma una vita vissuta in modo diverso, nella loro casa dello Zen.
Si può abbracciare un corpo nella consistenza dell’aria, se è necessario. Si può sorridere a un figlio nelle intercapedini tra ombra e luce, negli angoli più sorprendenti. Non significa ricordare. Significa: tu sei qui.
Con Salvo allo stadio
Fortunato porta Salvo negli stadi in cui la sua Inter gioca, a cominciare da San Siro. Lo fa, talvolta, con un bandierone che lo ritrae, o con la maglietta. Pure il figlio ha (aveva) un cuore nerazzurro. Fortunato ha assistito di presenza alla mitologica impresa della sua squadra contro il Barcellona, nella semifinale di Champions. “Ero con l’altro mio figlio – racconta – e gli ho detto: Salvo interverrà, vedrai”. Qualche minuto dopo, Acerbi – un tenace guerriero – ha segnato il suo gol più bello e importante.

“Vorrei…”
Il telefonino di Fortunato Gebbia è già una coppa ricolma di foto. Si avvertono il profumo dell’erba, le grida dagli spalti, il magico sottofondo del campo.
“Purtroppo – dice questo papà coraggioso – non sono riuscito a trovare i biglietti per la finale tra Inter e Paris Saint Germain. Anche l’aereo costava troppo. Pazienza, la vedrò in televisione, a casa, e sarà lo stesso uno spettacolo. Avrei voluto portare Salvo a Monaco…”.
Non chiede nulla, Fortunato. Non gli passa nemmeno per la testa. Ma l’azzurro sa compiere miracoli che rischiarano il nero. E chissà che pure stavolta…