Kalsa, Abbate e il cliente sparito | "Questi... i Tagliavia... ci sono" - Live Sicilia

Kalsa, Abbate e il cliente sparito | “Questi… i Tagliavia… ci sono”

Ottavio Abbate, arrestato ieri nel blitz antidroga alla Kalsa

Un compratore di hashish, l'improvviso allontanamento. Dalle intercettazioni una chiave di lettura

Palermo - le intercettazioni
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1 min di lettura

PALERMO – C’era un acquirente di hashish tra lo Sperone e Brancaccio. Si era rifornito spesso da Ottavio Abbate. Poi, però, non si era fatto più vedere. Abbate, arrestato ieri in un blitz di carabinieri e polizia, non escludeva che dietro l’allontanamento potesse esserci “la mano dei Tagliavia”.

Le microspie hanno captato gli affari della droga di Abbate e del suo braccio destro, Antonino Augello. Se ne andavano in giro in macchina per incontrare gli acquirenti. Un giorno di dicembre di due anni fa, in via Maria Santissima del Carmelo, zona Sperone, furono avvicinati dall’ambasciatore di un cliente di tutto rispetto, il quale pretendeva di “visionare e provare” un panetto di hashish prima dell’eventuale acquisto.

Nessun problema. La merce poteva essere provata. Lo avevano già fatto con un grossista trapanese che, però – e Abbate se ne rammaricava – all’improvviso aveva interrotto i contatti. Abbate non escludeva che potesse essere stato un “colpo di coda” dell’amico “Raffaele” (probabilmente stava parlando di Raffaele Catanzaro, coinvolto nel blitz). Abbate azzardava una spiegazione sull’allontanamento. Poteva esserci la mano di un’importante famiglia mafiosa di Coso dei Mille, che ha accumulato grandi ricchezze con la droga.

“… minchia… questi… i Tagliavia… ci sono…”, diceva Abbate. E Augello faceva rifermento a notizie del passato, quando i Tagliavia avrebbero nascosto la droga nella cassette di pesce. In particolare, in mezzo ai “totani”. Abbate sa come ci si deve comportare e predicava prudenza. Non bisognava pestare i piedi a nessuno. Lo diceva memore di quella volta in cui rischiarono grosso. Erano entrati in rotta con dei trafficanti extracomunitari di droga. Li chiamavano “i turchi”. Ci stavano rimettendo la pelle, spiegava Abbate, mostrando probabilmente i segni di una ferita alla mano.


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